Dicono di essere tutti distrutti, affranti, arrabbiati sino a perdere il sonno di notte. Dopo il silenzio imbarazzato del primo giorno, lo scandalo del Qatar, che vede come protagonisti esponenti del Pd e di Articolo 1, che sono stati eurodeputati o che ancora lavorano al Parlamento europeo, collegati a gruppi della sinistra di altri Paesi, ha letteralmente travolto la sinistra italiana.
Quella sinistra che, dopo la caduta del comunismo, si è ribattezzata riformista (cambiando sempre il nome ai partiti che fondava e rifondava) anche se fino a quel momento i riformisti li aveva considerati quasi dei minorati, non adatti alla “lotta di classe” e infine li aveva pure demonizzati, con l’appoggio della magistratura e della stampa posseduta dai “capitani di sventura”, confinandoli nell’impero del male e della tangente con la cosiddetta operazione “Mani pulite”.
Quell’operazione, che oggi appare più chiara di allora, rappresentava solo la vendetta per una sconfitta storica. Ma i manipolatori della storia recente si ribellano a queste considerazioni, le rifiutano indignati in nome della “questione morale”.
È possibile, anzi probabile, che tra una decina di giorni, passato il Natale, per le “ragioni” del Parlamento europeo, per quelle dei gruppi che lo caratterizzano a Bruxelles, tra sedicenti socialisti e popolari faranno in modo che lo scandalo non emerga in tutta la sua ampiezza e così si coprano le strane vicende di un sistema che non funziona e che raggruppa Paesi sempre più divisi tra di loro, in un processo di disgregazione, di de-globalizzazione sempre più profonda, che sta diventando inquietante. Si andrà avanti, magari dimenticando e deformando. Ma qualcuno avrà sempre la forza e sentirà il dovere di ricordare quello che è accaduto. A volte, contro tutti e tutto, vince la storia vera.
La premessa sin qui fatta non onora la cronaca e i suoi protagonisti attuali che, in realtà, devono essere ancora giudicati. Si tratta di Antonio Panzeri, ex eurodeputato, ex segretario della Camera del Lavoro di Milano (quella fondata nel 1906 dal socialista riformista Rinaldo Rigola) che è stato arrestato dalla magistratura belga, perché insieme alla sua famiglia gestiva un milione e mezzo di euro, ben impacchettati e ben conservati, in valige e sacchi, che sarebbero arrivati dal Qatar o da alcuni emissari dello Stato degli Emiri, quelli che stanno organizzando l’attuale campionato del mondo di calcio.
Coinvolti nella vicenda al momento ci sono poi una vicepresidente greca del Parlamento europeo, Eva Kaili (dimissionata) e il suo fidanzato Francesco Giorgi, un ex collaboratore di Panzeri. Sono i nomi che più rimbalzano attualmente, con parenti e amici vari, tra cui il dirigente di una Ong, il belga di origine italiana Niccolò Figà-Talamanca.
Per ora sono tre gli arrestati, ma le indiscrezioni raccolte parlano di una lobby che coinvolgerebbe una sessantina di eurodeputati e di altri personaggi che appartengono tutti a quell’area politica.
Ieri è saltato fuori il nome di un altro deputato del Pd, neppure indagato ma coinvolto dall’interrogatorio di Giorgi, Andrea Cozzolino, che è stato “invitato” da Letta ad auto-sospendersi dal Pd.
Insomma siamo solo all’inizio di un’inchiesta che lascia stupefatti, ma che si deve chiarire in tutti i suoi risvolti, anche se i sacchi e le valige di euro e le prime ammissioni di Francesco Giorgi hanno lasciato un po’ tutti esterrefatti e riducono i margini della presunzione di innocenza.
Naturalmente il Qatar smentisce ogni coinvolgimento, nega qualsiasi relazione o tentativi di corruzione e anche di appoggio di europarlamentari o di personaggi collegati alla sinistra europea e italiana. Che cosa stupisce sopratutto?
Se si vanno a vedere le mozioni che trattavano i rapporti dell’Europarlamento con il Qatar e sopratutto le posizioni di condanna sulla difesa dei diritti umani, anche nel Qatar, si notavano a volte alcune perplessità o alcune defezioni a sinistra. Insomma, forse saranno stati pochi (le ricostruzioni saranno fatte certamente e scrupolosamente), ma qualcuno nella sinistra, italiana ed europea, scompariva dall’aula quando si doveva votare qualche cosa di imbarazzante sul Qatar. Oppure si defilava. Oppure si asteneva o votava al contrario.
Forse non era tutto chiarissimo, ma certamente si ascoltavano cose sul Qatar come se fosse uno Stato che avanzava a grandi passi verso la democrazia. È possibile che nel Pd o in Articolo 1 non si fossero resi conto dell’intervento della “compagna” greca Eva Kaili sui progressi democratici del Qatar? In un caso come quello non bastavano le discussioni interne al gruppo socialista europeo, ma si dovevano prendere delle decisioni. A quel punto non ci sarebbe stato bisogno di riprendere il discorso della Kaili solo dopo che sono stati trovati i pacchetti di euro. Invece di quel famoso discorso non si è saputo nulla sino al ritrovamento del contante abbondante.
Bisognerà a questo punto avere qualche delucidazione su rapporti e visite fatte in Qatar, sia per vedere la costruzione degli stadi (con un trattamento dei lavoratori che secondo un’inchiesta inglese erano trattati da schiavi e per questo si fa il conto di 16mila morti, mentre un’altra versione parla di 6.500 morti), sia per vedere la partecipazione finanziaria del Qatar in Occidente, anche in Italia. Infine, per comprendere quale tipo di rapporti esistevano tra i gestori presunti dei soldi del Qatar e alcuni rappresentanti della Ong.
Ora, detto quello che sinora si può dire, prevediamo che si cerchi di far calare il sipario su questa vicenda per “ragioni” più importanti. Persino un esperto di queste vicende come Paolo Mieli, “impareggiabile” storico e giornalista, ha previsto o magari suggerito questa soluzione. Per salvare l’Europa si può anche dire un “sacco di balle”.
Tuttavia, questa vicenda difficilmente salverà il Pd e la sinistra post-comunista e la vecchia sinistra Dc dalla propaganda di essere gli alfieri della cosiddetta “questione morale”.
Fu Enrico Berlinguer a parlare di “questione morale” e dal 1976 al 1979 aveva incaricato Gianni Cervetti di liberarsi in un tempo ragionevole dei soldi che arrivavano puntuali dall’Unione Sovietica, cosa che “tutti sapevano”, come diceva lo stesso Luigi Longo: “Lo sanno tutti” rispose a una domanda di Cervetti.
Cervetti, come ha spiegato nel suo libro L’oro di Mosca, fece il possibile, parlò con i sovietici, ma si rese anche conto che c’erano molti “compagni” a trattare con quelli del patto di Varsavia. Non se ne rese conto nessuno, nemmeno i magistrati e neppure i giornalisti.
Chissà perché durante “Mani pulite” agli alfieri della “questione morale” capitò pochissimo, se non a qualcuno che magari non condivideva la linea ufficiale del nuovo partito.
Forse è in nome della “questione morale” che il Pd si ritiene danneggiato dai suoi esponenti europei e quindi si costituirà parte civile.
Qui, scusate, ma viene un moto di ribellione. Si può citare solo un caso di “Mani pulite” tra i tanti, quello di Sergio Moroni, deputato socialista, già segretario della Federazione del Psi di Milano, che si suicidò il 2 settembre del 1992 a 45 anni perché sconvolto dagli avvisi di garanzia che i “giornaloni” sparavano a lettere cubitali in prima pagina senza che ci fosse stato alcun processo. Moroni scrisse una lettera drammatica all’allora presidente della Camera, Giorgio Napolitano. Non si ricordano in quel momento prese di posizione a favore di Moroni da parte degli esponenti della “questione morale”.
In quell’occasione si comprese quello che tanti dissero negli anni successivi: forse la “questione morale” nascondeva solo una “questione amorale”, fatta cioè da moralisti amorali: alcuni agitavano le bandiere e altri scrivevano come questurini.
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