PANZERI-MAROCCO: LE NUOVE ACCUSE SUL QATARGATE DALL’EX PARLAMENTARE PSE

Dal Qatar al Marocco, passando per possibili “gole profonde” che starebbero per rivelare un più ampio giro di affari “non limpidi” in seno al Parlamento Europeo: di questo e di molto altro si parla in queste ore in Europa per la maxi inchiesta già ridenominata “Qatargate”. Eva Kaili è stata ufficialmente destituita dalla carica di vicepresidente del Parlamento Europeo come primo effetto immediato al maxi scandalo Qatargate che sta letteralmente travolgendo le istituzioni europee: gli arresti della europarlamentare greca assieme a quelli del marito Francesco Giorgi (assistente dell’eurodeputato del Partito democratico Andrea Cozzolino), di Antonio Panzieri (Articolo-1) e di Niccolò Figà-Talamanca (segretario ong europea fondata da Emma Bonino nel 1993, la “No Peace Without Justice”) vedono come capi di imputazione resi noti dalla Procura federale del Belgio le gravissime accuse di corruzione, organizzazione criminale, riciclaggio di denaro.



L’accusa in sostanza è che vi sia una rete di europarlamentari e funzionari Ue – per il momento legati per lo più al gruppo dei Socialisti europei – che abbia ricevuto denaro e pressioni dal Governo del Qatar per ottenere un trattamento di maggior riguardo da parte del Parlamento Europeo. Secondo le informazioni emerse oggi dai media belgi, sarebbero più di 1,5 milioni di euro il totale dei contanti trovati in casa dell’ex europarlamentare Antonio Panzeri e dell’ex vicepresidente Kaili. Oltre ai funzionari, nel mirino finiscono anche le ong sui diritti umanitari che sarebbero in qualche modo coinvolte – ancora va capito in che modo e in che termini – con il Qatargate: si tratta della “Fight Impunity” fondata da Panzeri nel 2019 e per l’appunto la ong fondata da Emma Bonino (che oggi si è anche dimessa dal board dell’organizzazione dell’ex Pd oggi esponente in Articolo 1). Non solo Qatar per vi sarebbe dietro al maxi giro di tangenti in Europa: secondo l’ex europarlamentare socialista portoghese Ana Gomes, «Il Marocco avrebbe finanziato Panzeri e compagni da tempo per vanificare le risoluzioni sul Western Sahara. Non riesco a contare le liti che abbiamo avuto su questi argomenti».



QATARGATE, FRANCESCO GIORGI PARLA CON I GIUDICI: È LUI LA “GOLA PROFONDA”?

Tra le diverse “voci” che giungono a Bruxelles per la maxi inchiesta del Qatargate si segnala l’intervento di Manon Aubry, leader di The Left. «Usciranno altri nomi, da tempo avevo sospetti, lo ho denunciato il mese scorso. Mi aspetto sia coinvolto anche il PPE. A fare lobbying pesante oltre al Qatar ci sono stati anche Marocco e Russia». L’impressione è che quanto emerso finora tra Kaii e Panzeri sia ancora solo la “punta dell’iceberg” di uno scandalo di ben più vaste proporzioni. Il capodelegazione del Parlamento Europeo per il Golfo lo ammette con preoccupazione: «credo ci saranno coinvolti altri eurodeputati nell’inchiesta Qatargate». Diversi sono i sequestri di materiali e uffici presso il Parlamento Europeo in queste ultime ore: da parlamentari socialisti a funzionari, come Mychelle Rieu, funzionaria e ex advisor dei verdi per i diritti umani. Requisite apparecchiature informatiche a la relazione della sottocommissione diritti umani.



Da più parti emerge che vi sia anche una “gola profonda” che sia rivelando passo dopo passo i vari “altarini nascosti” nei rapporti tra il Qatar e il Parlamento Europeo: secondo “Il Corriere della Sera” il compagno di Eva Kaili, Francesco Giorgi, starebbe già collaborando da giorni con i giudici belgi e potrebbe essere lui la persona individuata come “l’informatore” circa il giro di affari appena svelato dal Qatargate. Compagno della vice Metsola, assistente dell’eurodeputato Cozzolino ed ex assistente in passato di Antonio Panzeri: Giorgi potrebbe essere l’anello di congiunzione tra le indagini e i possibili prossimi sviluppi di una vicenda tutt’altro che prossima alla conclusione. Secondo il quotidiano L’Echo ci sarebbe coinvolto nell’affaire Qatargate anche l’europarlamentare socialista belga Marc Tarabella: il suo nome «è stato fatto da due persone, tra cui uno dei quattro imputati, durante gli interrogatori effettuati dall’Ufficio Centrale per la repressione della corruzione», scrive la rivista francese. Tanto Kailli quanto Tarabella, tramite i propri avvocati, fanno sapere di non avere niente a che vedere con le indagini.