L’ASSE DEI REGIMI CONTRO ISRAELE (E L’OCCIDENTE)

La guerra in Medio Oriente tra Israele e Hamas non può già ora essere considerata un mero scontro tra le due fazioni in lotta da decenni per il territorio della Palestina: gli storici alleati in Occidente per Israele – dagli Usa agli Stati Ue, dal Canada al Regno Unito – e l’asse di Paesi amici di Hamas nella vasta area musulmana (Iran, Siria, Turchia, Libano e molti altri) concorrono al timore effettivo della comunità internazionale per una guerra sempre più “mondiale”.



Come scrive nel fondo di oggi su “Il Foglio” Giulio Meotti, questo primo mese di guerra in Medio Oriente ha visto unirsi praticamente in tutti i propri componenti la “Ummah islamica”, contro lo Stato ebraico: dal sostegno diretto dell’Iran sciita allo scontro nella Nato aizzato dalla Turchia di Erdogan (che ha definito Hamas come “liberatori” della Palestina), passanti per Hezbollah in Libano, il Qatar dal doppio ruolo ambiguo di negoziatore alleato dell’Occidente e sponda per il leader terrorista palestinese Ismail Haniyeh, fino a Pakistan, Egitto e Paesi del Golfo che in vario modo concordano sulla necessità che Israele non prevalga. Su tutti poi, i legami con la Cina e la Russia danno l’immagine plastica di un “cordone” di regimi più o meno illiberali che vedono nello Stato ebraico e più in generale nell’Occidente la rappresentazione del male da estirpare.



IL PENSIERO DEBOLE IN OCCIDENTE CON I REGIMI CONCORRONO ALLA FINE DELLA CIVILTÀ?

«Un asse del caos i cui leader pensano che sia giunto il loro momento. In questo contesto pericoloso, a Israele viene negato il diritto all’autodifesa»: così Meotti sul “Foglio” definisce l’insieme di Paesi arabi e non, uniti insieme nel contrasto alle istanze ebraiche e dell’Occidente. Teatro della plastica divisione netta in cui si trova oggi la comunità internazionale è lo scenario apparso in questi giorni all’ONU, spaccato sulla risoluzione presentata dalla Giordania che condannava l’offensiva via terra nella Striscia di Gaza. L’Occidente stesso si ritrova diviso tra chi sostiene strenuamente l’avamposto di democrazia nel Medio Oriente e chi invece – specie nell’area della sinistra mondiale – ritiene le istanze palestinesi decisamente superiori a quelle dello Stato ebraico.



Un’alleanza si intravede così all’orizzonte tra i regimi forti che si “ispirano” all’influenza della Cina e un parte dell’Occidente, rappresentato secondo l’editoriale del “Foglio” da un “pensiero debole” che nel Novecento si è ampliato raggiungendo in molti casi i vertici delle cancellerie internazionali, oltre che su media e centri culturali. «Al centro di questa contraddizione c’è la tendenza all’interno dei movimenti progressisti a dividere il mondo fra oppressi e oppressori e a procedere da lì in modo unico per tutti»: così si spiega il “perché” la corrente culturale della sinistra rivendica ogni giorno i diritti LGBTQ, contro il razzismo e per la determinazione del proprio genere mentre parallelamente non trovano scandaloso il massacro di civili inermi israeliani durante gli attacchi del 7 ottobre scorso (circa 2mila persone uccise da Hamas nel giro di poche ore). La “debolezza” della cultura europea ed americana ad oggi rischia di rendere terreno ancora più fertile alla forza dei regimi illiberali che minano alla base le libertà e le conquiste civili nell’Occidente: su Israele rischia di giocarsi così una guerra che è ben più ampia e con molto più in ballo della “mera” rivendicazione territoriale sulla Palestina.