Silvio Brusaferro e Gianni Rezza hanno parlato dei 21 indicatori attraverso cui si è arrivati all’indicazione delle fasce di rischio, con la divisione delle regioni in zone rosse, arancioni e gialle. I 21 indicatori confluiscono in un sistema per il quale, ad esempio, la Regione Calabria è finita in zona rossa: «La criticità nasce da un indice Rt piuttosto elevato, cioè 1,84. Non c’è un numero molto elevato di casi, ma c’è una trasmissione in atto, quindi la situazione potrebbe diventare critica in termini di casi nel prossimo futuro. Il trend mostra segnali di preoccupazione, il carico sulle strutture ospedaliere è elevato», ha spiegato il professor Rezza in conferenza stampa. Ci sono ad esempio alert sulla resilienza, in particolare sul personale e sull’autovalutazione da cui emerge che non ce la fanno a contenere l’epidemia come vorrebbero.



In zona rossa anche la Regione Lombardia: «In Lombardia c’è una circolazione elevata e c’è un alto numero di casi, quindi è problematico tracciarli. Questo è un aspetto critico. Quando scatta questo meccanismo servono misure di restrizione. So che stanno mettendo a punto dei sistemi elettronici, potrebbe essere utile in generale». (agg. di Silvana Palazzo)



QUALI SONO I 21 INDICATORI DI RISCHIO

Sui 21 indicatori che hanno portato il Governo alla ripartizione dell’Italia in tre zone (rosse, arancioni e gialle) si è scatenato nelle ultime ore un intenso dibattito. In molti non hanno compreso, ad esempio, il motivo per il quale la Regione Campania è stata collocata in una fascia di rischio medio, nonostante il grande numero di casi che fa registrare quotidianamente. La spiegazione risiede proprio negli indicatori, perché il numero dei casi non è l’unico parametro di cui tiene conto il Ministero della Salute con i suoi esperti. A tal proposito, oggi si terrà una conferenza stampa dell’Istituto superiore di sanità per fare chiarezza anche su questo aspetto. Ma intanto sono già noti i 21 indicatori che definiscono il «coefficiente di rischio», come lo ha definito il premier Giuseppe Conte. L’analisi di questi dati può consentire alle Regioni in fascia arancione di passare in fascia gialla, e viceversa, o in fascia rossa, ma quelle che sono già in zona rossa dovranno restarci per almeno due settimane. Gli indicatori in questione sono stati elencati in un provvedimento del Ministero della Salute che risale allo scorso 30 aprile.



21 INDICATORI DI RISCHIO DIVISI PER TRE REQUISITI

Come spiegato da Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss, in audizione alla commissione Affari sociali della Camera, non conta solo l’indice Rt, ma 21 indicatori diversi. Tra questi ve ne sono alcuni di processo, che tengono monitorata la completezza dei dati che arrivano dalle Regioni. Poi ci sono indicatori di esito, «che hanno a che fare con il fatto che c’è una circolazione, un’incidenza e una velocità di trasmissione e il numero di focolai». E poi c’è un’altra serie di indicatori che invece riguardano la resilienza o la saturazione dei posti letto, la disponibilità di personale e la capacità di fare contact tracing. L’algoritmo, allegato al decreto ministeriale, prevede quindi schemi per capire se la probabilità di evoluzione è bassa, molto bassa, moderata o alta, oltre che l’impatto sui sistemi. «Viene fuori un meccanismo che indica la capacità di quel sistema di fare fronte a quell evento epidemico». Pertanto, può capitare che «un sistema che ha molti nuovi casi ma una capacità di risposta dei suoi servizi sanitari, tale da non mettere in crisi la capacità di risposta ai bisogni di salute, finisce in un sistema moderato». Invece dove c’è circolazione anche più limitata del virus ma criticità di risposta alla domanda di salute anche non Covid, si configura un rischio alto.

CAPACITÀ DI MONITORAGGIO

Bisogna premettere che i 21 indicatori devono soddisfare tre requisiti: capacità di monitoraggio; capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti; risultati relativi a stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari. Partiamo dalla capacità di monitoraggio. In questo caso i criteri sono sei e ve li riportiamo di seguito:

  1. Numero di casi sintomatici notificati per mese in cui è indicata la data inizio sintomi/totale di casi sintomatici notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.
  2. Numero di casi notificati per mese con storia di ricovero in ospedale (in reparti diversi dalla Terapia intensiva TI) in cui è indicata la data di ricovero/totale di casi con storia di ricovero in ospedale (in reparti diversi dalla TI) notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.
  3. Numero di casi notificati per mesecon storia di trasferimento/ricovero in reparto di terapia intensiva (TI) in cui è indicata la data di trasferimento o ricovero in TI/totale di casi con storia di trasferimento/ricovero in terapia intensiva notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.
  4. Numero di casi notificati per mese in cui è riportato il comune di domicilio o residenza/totale di casi notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.
  5. Numero di checklist somministrate settimanalmente a strutture residenziali sociosanitarie (opzionale).
  6. Numero di strutture residenziali sociosanitarie rispondenti alla checklist settimanalmente con almeno una criticità riscontrata (opzionale).

CAPACITÀ DI ACCERTAMENTO DIAGNOSTICO E GESTIONE DEI CONTATTI

Tra i 21 indicatori vi sono anche sei criteri che permettono di accertare la capacità di accertamento diagnostico e gestione dei contatti, che sono i seguenti:

  1. Percentuale di tamponi positivi escludendo per quanto possibile tutte le attività di screening e il “re-testing” degli stessi soggetti, complessivamente e per macro-setting (territoriale, PS/Ospedale, altro) per mese.
  2. Tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi.
  3. Tempo tra data inizio sintomi e data di isolamento (opzionale).
  4. Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale al contact-tracing.
  5. Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale alle attività di prelievo/invio ai laboratori di riferimento e monitoraggio dei contatti stretti e dei casi posti rispettivamente in quarantena e isolamento.
  6. Numero di casi confermati di infezione nella regione per cui sia stata effettuata una regolare indagine epidemiologica con ricerca dei contatti stretti/totale di nuovi casi di infezione confermati.

STABILITÀ DI TRASMISSIONE E TENUTA DEI SERVIZI SANITARI

Seguono altri nove indicatori, che si aggiungono ai dodici precedentemente indicati, i quali permettono di verificare la stabilità di trasmissione e la tenuta dei servizi sanitari. Ecco quali sono:

  1. Numero di casi riportati alla Protezione civile negli ultimi 14 giorni.
  2. Rt calcolato sulla base della sorveglianza integrata ISS (si utilizzeranno due indicatori, basati su data inizio sintomi e data di ospedalizzazione).
  3. Numero di casi riportati alla sorveglianza sentinella COVID-net per settimana (opzionale).
  4. Numero di casi per data diagnosi e per data inizio sintomi riportati alla sorveglianza integrata COVID-19 per giorno.
  5. Numero di nuovi focolai di trasmissione (2 o più casi epidemiologicamente collegati tra loro o un aumento inatteso nel numero di casi in un tempo e luogo definito).
  6. Numero di nuovi casi di infezione confermata da SARS-CoV-2 per Regione non associati a catene di trasmissione note.
  7. Numero di accessi al PS con classificazione ICD-9 compatibile con quadri sindromici riconducibili a COVID-19 (opzionale).
  8. Tasso di occupazione dei posti letto totali di Terapia Intensiva (codice 49) per pazienti COVID-19.
  9. Tasso di occupazione dei posti letto totali di Area Medica per pazienti COVID-19.