Da Quotidiano Sanità apprendiamo che i dati OCSE mettono in evidenza una sanità, in Italia, caratterizzata da luci e ombre. Se da un lato infatti si denota un eccessivo ricorso, nelle cure, agli antibiotici, sull’altro fronte si leggono buoni risultati per quanto riguarda i ricoveri inappropriati e la mortalità entro 30 gg dal ricovero.
Le prescrizioni di antibiotici e i ricoveri ospedalieri evitabili sono esempi di indicatori che misurano la sicurezza e l’appropriatezza delle cure primarie. Lo screening del cancro al seno è un indicatore della qualità dell’assistenza preventiva; la mortalità a 30 giorni in seguito a infarto miocardico acuto (IMA) e ictus misura l’efficacia clinica dell’assistenza secondaria. Tutti questi parametri sono stati analizzati dall’OCSE per verificare la qualità dei servizi sanitari italiani. I risultati emersi, in ogni caso, farebbero riferimento ad un periodo antecedente al 2021.
CURE CON ANTIBIOTICI, RICOVERI OSPEDALIERI, SCREENING TUMORI E MORTALITÁ
L’uso eccessivo di antibiotici contribuisce ad aumentare la resistenza antimicrobica e rappresentano uno spreco di spesa. In questo il nostro Paese ha registrato un trend negativo. In Italia infatti si è registrato un consumo quotidiano di 15,9 per 1.000 abitanti superiore rispetto alla media Ocse di 13,1 dosi. Quanto ai ricoveri ospedalieri nel 2021, tra i 32 Paesi con dati comparabili, i ricoveri ospedalieri evitabili sono stati i più alti in Turchia, Germania e Stati Uniti. In quasi tutti i Paesi, questi ricoveri ospedalieri evitabili sono diminuiti nell’ultimo decennio. L’Italia ottiene un risultato eccellente con soli 214 ricoveri inappropriati su 100.000 persone a fronte di una media Ocse di 463 . Il riferimento è ai ricoveri per patologie croniche come l’asma, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, l’insufficienza cardiaca congestizia e il diabete.
Dati non confortanti emergono poi riguardo gli screening mammografici. L’Italia, con il 59,9% delle donne di età compresa tra 50 e 69 anni sottoposte a screening ottiene un risultato leggermente superiore alla media Ocse del 55,1% ma non buono se paragonato agli altri Paesi europei. Gli indicatori riguardanti invece la mortalità a seguito di infarto del miocardio acuto (IMA) e ictus sono diminuiti costantemente nell’ultimo decennio nella maggior parte dei Paesi, con divari consistenti tra le varie zone. n Italia la mortalità a 30 giorni dopo IMA per 100 ricoveri di età pari o superiore a 45 anni, standardizzata per età e sesso, raggiunge un risultato di 5,3 inferiore alla media Ocse di 6.8. Va però considerato che il dato italiano risale al 2021. Per quanto riguarda invece gli ictus, il risultato italiano è di 6,6 anche in questo caso inferiore alla media Ocse di 7,8. Per la mortalità a 30 giorni da ictus, però, il risultato italiano è ancora più datato visto che risale al 2014/2015.