Mentre in molti dei Paesi del mondo (soprattutto nel Vecchio Continente, in realtà, oltre che in Estremo Oriente) si comincia pian piano a pensare alla Fase 2 dell’emergenza Coronavirus, la domanda che tutti si pongono è quando sarà davvero disponibile un vaccino per il Covid-19 e se sarà possibile -diversamente da quanto è accaduto in passato- bruciare le tappe dato che al momento la prospettiva per miliardi di persone è quella di dover convivere col virus e modificare i propri stili di vita. Secondo il “New York Times” tuttavia lo sforzo congiunto da parte della comunità scientifica del pianeta grazie anche a diversi protocolli e studi portati avanti sotto l’egida dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), nonché grazie all’afflusso di notevoli capitali privati, un vaccino potrebbe anche essere commercializzato entro febbraio 2021: questa è una delle ipotesi formulate dal quotidiano che dalle sue colonne ha provato a ipotizzare quali saranno delle tempistiche abbastanza realistiche, individuando però anche quali saranno le condizioni necessarie in questo crono-programma affinché in un anno e mezzo o meno (come stimato da diversi esperti del settore) si possa arrivare al tango agognato obbiettivo. Certo lo ‘storico’ in tal senso sembra essere scoraggiante dato che il NYT ricorda come il record di velocità nell’individuare, testare e commercializzare un vaccino sia stato in passato un periodo dell’arco di circa quattro anni. In realtà la questione è anche più complessa e da una parte se alcuni dati non lasciano spazio a previsioni ottimistiche è altresì vero che di fronte al Covid-19 il modus operandi sembra essere cambiato.
A QUANDO UN VACCINO PER IL COVID-19? LE PROIEZIONI DEL NYT
Stando all’inchiesta portata avanti dal “New York Times” (qui il link per leggerla nella sua interezza con tanto di grafici animati), infatti, se la comunità scientifica del pianeta avesse seguito i protocolli e le tempistiche di sperimentazione adottate in passato, quando va ricordato non vi era una situazione di emergenza come oggi, un vaccino per il Coronavirus testato, sicuro al 100% e commercializzato su larga scala non arriverebbe prima del… 2036. Dati come si diceva poc’anzi sconfortanti ma questa volta i protocolli di approvazione di questo farmaco costituito da agenti patogeni appositamente trattati per lo scopo e la timeline di distribuzione sarà molto più veloce: tuttavia come è facile immaginare se si parla dei primi mesi del 2021 vuol dire che si sta tentando una impresa quasi impossibile e che molte tappe vengono bruciate -o comunque contratte al massimo- anche per venire incontro a quella che sta diventando una necessità impellente. Ad esempio il NYT spiega che lo scarto tra il “goal” (l’obbiettivo di avere un vaccino almeno entro agosto del 2021) e la “typical situation” (il già citato anno 2036) dipenderà soprattutto dalla capacità di accorciare i tempi di alcune fasi come ad esempio quella della ricerca accademica (saltata totalmente a favore di quella pre-clinica, con un ‘risparmio’ di 21 mesi) e con la pre-clinica che utilizzerebbe già le conoscenze pregresse sui virus SARS.
ECCO COME RIDURRE DI 15 ANNI I PROTOCOLLI STANDARD DEI VACCINI…
Queste due fasi rivedute consentirebbero assieme di risparmiare un periodo di quasi 49 mesi (ovvero già quattro anni) ma ancora non sarebbe sufficiente: infatti le proiezioni fornite dal “New York Times” spiegano come servirà ridurre di molto le tre fasi di sperimentazione del possibile vaccino (e sempre comunque questo non si riveli un buco nell’acqua, motivo per cui nel mondo si lavora su soluzioni diverse in parallelo per bruciare ancora di più le suddette tappe). Ridurre al massimo le tre tappe di questa fase consentirebbe alla scienza di guadagnare in totale altri 34 mesi a cui se ne aggiungerebbero altri 26 decidendo di combinare assieme i tre diversi momenti di sperimentazione e ricordando che la Fase 3 è quella che vede eseguiti i test su una scala molto larga. Inoltre ipotizzando che lo step successivo (le somministrazioni cosiddette di “emergenza” del vaccino, ovvero quelle rivolte a determinate categorie lavorative) si rivelassero efficaci ci sarebbe un ulteriore risparmio di 16 mesi ma la prospettiva temporale più ottimistica sarebbe ancora quella del 2028. Come recuperare i restanti sette anni ed avere un vaccino tra la primavera 2021 e la prossima estate? Ecco l’ultima sforbiciata possibile individuata dagli esperti del NYT: abbattere di ben 68 mesi, dunque di quasi sei anni, le tempistiche di produzione approntando già da ora gli stabilimenti che produrranno il vaccino, ‘sburocratizzando’ le procedure e facilitandone la realizzazione dal punto di vista normativo, oltre a risparmiare altri 16 mesi sia da altri step produttivi sia dalla fase di approvazione. Come si vede si tratta di una corsa contro il tempo che vede nel 2021 solo l’ipotesi più ottimistica e solo se tutte queste condizioni venissero rispettate: obbiettivo quasi impossibile ma dal momento che anche alcuni virologi di fama non hanno chiuso a priori la porta a un esito così felice non resta che sperare in un miracolo (scientifico, anche se può sembrare un ossimoro) e in un pizzico di fortuna nel puntare subito sul cavallo giusto, ovvero il vaccino più efficace…