Sin dall’inizio dell’epidemia di coronavirus ci interroghiamo sulla sua mortalità senza però avere risposte certe. Ora però gli scienziati sembrano essere davvero vicini ad una risposta sulla letalità del coronavirus. I ricercatori usano un sistema chiamato tasso di letalità da infezione (IFR) per calcolare quanto sia mortale una nuova malattia, quindi la percentuale di persone infette che moriranno in seguito alla patologia, comprese quelle che non vengono sottoposte a test o non mostrano sintomi. «Si tratta di un indicatore importante, ha implicazioni sulla portata di un’epidemia», spiega Robert Verity, epidemiologo dell’Imperial College di Londra, a Nature. Calcolare l’IFR però non è semplice, perché si basa sulla conoscenza del numero totale di persone infette. Il tasso di mortalità di Covid-19 è quindi difficile da calcolare, perché ci sono molte persone asintomatiche o con sintomi lievi, la cui infezione è passata inosservata. Inoltre, il periodo che intercorre tra l’insorgenza della malattia e la morte può arrivare anche a due mesi.
MORTALITÀ CORONAVIRUS, “TASSO VICINO ALL’1% MA…”
I dati iniziali hanno sovrastimato la mortalità del coronavirus, le analisi successive invece ne hanno sottovalutato la letalità. Ora molti studi stimano che in molti paesi muoiono circa 5-10 persone ogni mille affette da Covid-19, quindi la stima è dello 0,5-1%. Per una comprensione della mortalità di Sars-CoV-2, però, gli scienziati devono sapere quanto facilmente uccida diversi gruppi di persone. Il rischio di morire a causa della Covid, infatti, può variare a seconda dell’età, dell’accesso all’assistenza sanitaria e delle condizioni di salute pregresse. Peraltro, l’indice di letalità da infezione (IFR) può variare nel tempo, visto che migliorano i trattamenti. Ottenere il numero giusto è importante per permettere ai governi di dare risposte appropriate: se la stima è troppo bassa, una comunità potrebbe ritrovarsi impreparata; in caso contrario, potrebbe pagare altre conseguenze per le restrizioni, a partire da quelle economiche. Nature comunque ricorda che alla fine di febbraio l’Oms ha stimato che in Cina sono morte di Covid-19 38 persone ogni mille. Il tasso di mortalità ha raggiunto 58 su mille a Wuhan, ma si tratta di una sovrastima perché non si è tenuto conto delle tante persone non testate.
QUANTO È LETALE IL CORONAVIRUS? CALCOLO NON SEMPLICE
Per colmare questa lacuna, dunque, i ricercatori hanno stimato l’indice di letalità da infezione (IFR) da modelli sulla diffusione del virus, stabilendo che si aggira sullo 0,9 per cento, con un range che può arrivare al 3,6. Questi calcoli potrebbero essere perfezionati grazie ai risultati dei test sierologici, ma i primi risultati hanno suggerito che il coronavirus sia meno letale di quanto si pensasse. Il rischio, secondo gli scienziati, è che così venga “gonfiato” il numero delle persone infette facendo risultare Covid-19 meno mortale. Recentemente, alcuni ampi studi sulla sieroprevalenza hanno prodotto una stima più alta del tasso di mortalità: da uno studio pubblicato su medRexiv e condotto su 25mila persone in Brasile, è emerso che si aggira sull’1 per cento. In Spagna invece, riporta Nature, lo si stima all’1 per cento. Cìè invece uno studio, basato sui test sierologici svolti a Ginevra, in Svizzera, che stima un IFR dello 0,6 per cento per la popolazione totale, ma del 5,6 per cento per le persone con almeno 65 anni di età. Un’indicazione importante visto che la mortalità varia a seconda della fascia d’età e delle condizioni di salute pregresse.