Per accompagnare le Olimpiadi, i francesi hanno investito 8,8 miliardi di euro, incrementando anche il budget della manifestazione di qualche miliardo rispetto alla previsione iniziale. Ma i Giochi appena cominciati, spiega Dino Ruta, docente Sport & Event Business alla SDA Bocconi, rappresentano per Macron, per la capitale e per tutto il Paese un’occasione di sviluppo che, al di là dei conti relativi ai soldi spesi per preparare l’evento, mostreranno i loro benefici solo sul lungo periodo. Intanto le stime prevedono un indotto da 11 miliardi di euro, anche se per verificare quali saranno veramente le conseguenze dei Giochi dal punto di vista economico bisognerà attendere.



Quanto spendono i francesi per le Olimpiadi e come pensano di far fruttare i loro soldi?

Tutti i grandi eventi di questo tipo hanno due budget: uno per realizzare ciò che serve a tenere i Giochi, l’altro relativo alle infrastrutture che vengono costruite per l’occasione e rimarranno successivamente. Nel caso francese, basta ricordare strutture temporanee come quella per il beach volley sotto la Tour Eiffel, un impianto iconico che verrà smantellato una volta concluse le gare, mentre ci sono investimenti che nelle intenzioni dovrebbero lasciare il segno.



Cosa è stato progettato e realizzato da questo punto di vista? Quali sono le opere che potrebbero essere fonte di benefici per le generazioni future?

La Francia investe quasi un miliardo e mezzo di euro per consentire il ritorno delle attività di nuoto nella Senna e nella Marna. E questo a 100 anni dall’interdizione della possibilità di bagnarsi nella Senna. Hanno fatto un lavoro di bonifica e di ristrutturazione utilizzando le Olimpiadi come catalizzatore. Altrimenti sarebbe stato difficile investire una cifra così considerevole.

In questi giorni, infatti, la sindaca di Parigi, per celebrare questo progetto, si è tuffata nel fiume, sancendo così il ritorno alla balneabilità. Ma c’è un risvolto economico a tutto questo, oltre che ambientale?



Grazie a questo intervento apriranno quattro nuovi stabilimenti balneari nella capitale e altri 16 nell’Ile de France. Venti in tutto nella regione della capitale. Questa possiamo considerarla un’eredità dei Giochi. Stiamo parlando della prima città al mondo per turismo, che con questi interventi, oltre a dare attenzione all’ambiente, potrebbe consentire una ricaduta economica importante in termini di fatturato e posti di lavoro. Senza le Olimpiadi tutto questo sarebbe potuto succedere molto più difficilmente.

È possibile misurare in qualche modo l’impatto economico complessivo dell’evento?

È difficile misurare l’impatto economico di un evento così diffuso, anche perché c’è stata una grande preparazione che ha richiesto diverso tempo: alcuni interventi vanno considerati come eredità future, ma solo il tempo potrà dire con quali conseguenze economiche. L’idea di lasciare qualcosa di duraturo c’è, occorrerà vedere però come sarà sfruttato in seguito. Questi stabilimenti balneari potrebbero chiudere fra pochi anni o rimanere per un secolo, non lo sappiamo.

In termini turistici, almeno per questo periodo, la città potrebbe vivere una situazione diversa dal solito?

Bisogna anche fare i conti con il fatto che durante l’evento Parigi si svuota. Se le Olimpiadi si fossero tenute in un luogo sconosciuto, probabilmente si sarebbe attirata l’attenzione ottenendo un impatto di affluenza positiva. Credo che Parigi possa ritrovarsi più vuota rispetto a luglio e agosto degli anni scorsi: potrebbe anche perdere qualcosa in termini di visitatori, ma si aprirà al mondo con tutti i benefici positivi che possono derivare da questo.

È anche un momento in cui Parigi e la Francia vengono messe alla prova. Gli attentati alla linea del TGV, ad esempio, non sono un bel biglietto da visita per l’inizio della manifestazione?

In un momento del genere qualsiasi forma di disorganizzazione sarà penalizzante, potrebbe portare a dire che i francesi non sono stati in grado di prepararsi a dovere. Ma anche qualsiasi altra forma di partecipazione attiva della comunità, celebrativa, sarà emozionante. La vera sintesi di tutto questo sarà la somma e la sottrazione di valori economici, sociali e ambientali.

Gli investimenti sono tutti pubblici?

Sono misti, vengono da sponsorizzazioni, biglietti e finanziamenti pubblici. L’evento di suo attrae sponsorizzazioni incredibili. Gli atleti hanno magliette senza sponsor personali: gli unici sponsor che si vedono in giro sono quelli ufficiali della manifestazione, dell’evento. Ci sono quelli globali, quelli del CIO e poi ci sono anche nazionali. Succede così anche per quanto riguarda le Olimpiadi di Milano-Cortina. Le sponsorizzazioni globali solitamente sono quadriennali, prendono un’edizione estiva e una invernale.

In passato i consuntivi economici delle Olimpiadi hanno fatto segnare spesso e volentieri il segno meno. I Giochi rendono oppure no?

Possiamo considerarlo in perdita anche adesso. È come andare in vacanza: posso spendere soldi ma mi riposo e mi acculturo vedendo posti nuovi. La spesa può essere trasformata in investimento: Barcellona ha saputo ristrutturare porto e La Barceloneta (un quartiere affacciato sul mare nda). Londra ha ristrutturato tutta East London, un progetto che ha riqualificato un’area e di cui ha beneficiato l’intera città.

I benefici sono solo per Parigi o per tutta la Francia?

Gli interventi in senso stretto sono nelle aree host territory, nei territori che organizzano, con Parigi protagonista, ma c’è un effetto reputazione: alla fine, se tutto andrà bene, diranno che i francesi sono stati bravi. C’è un effetto Paese, che dimostra di avere le capacità di saper fare e saper organizzare.

Quindi una ricaduta che non sarà solo in termini turistici ma economici più ampi, con ricadute anche in altri settori?

In Italia, grazie alle Olimpiadi invernali 2006, abbiamo potuto organizzare Expo. C’è un effetto traino. Il piano dei francesi può sembrare perfetto, ma viviamo in un contesto di estrema tensione, sia in Francia, come hanno dimostrato le elezioni, sia a livello internazionale. Questa grande piattaforma di sviluppo può lasciare spazio a queste tensioni.

(Paolo Rossetti)

 

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