Lurido. La sua avida passione sono i credenti: quelli molli, insoddisfatti. È lercio di peccato: “Il peccato si fece carne e venne ad abitare nel mezzo di noi”. Sguazza nel fango, fa sguazzare nel fango, come i maiali. La sua boria, la boria di Satàn, nacque presto, all’indomani della creazione. Lì toccò l’apice della sua carriera satanica, il punto massimo della sua bastarda genialità: si sbaffò, come due frittelle a carnevale, Adamo ed Eva. Bastò un sospetto da quattro centesimi – “Davvero sicuri che Dio non sia un po’ geloso di voi, gente?” – e i due, che sono miei padri nella fede, a rotolar giù come birilli: “Pensa te, Eva: se non ci avesse aperto gli occhi Lucifero, che fregatura avremmo preso (…). Vedi, Adamo, che la lezione ci sia chiara: mai fidarsi subito di chi dice d’amarti sopra ogni altro”. Fu il primo annuncio della grandezza di Satana: d’allora, anche dopo aver fatto pace con il Creatore, l’uomo guarderà Dio con sguardi obliqui, clandestini. Sospettosi: “E chi ti dice che accadrà davvero ciò che promette?” bisbigliano in tantissimi.



Poi, dopo il colpo grosso, Satàn parve acquietarsi. Visse la penombra, gli fece comodo usare dei prestanome a pagamento, sborsò perché dicessero che lui era morto. Nel frattempo, guadagnò anime, popoli e nazioni come un ingordo scellerato. Si pensava invincibile, immune da regole e pericoli, estraneo persino a Dio: “Forse mi teme, ecco perché non importuna più di tanto” rifletteva tra sé.



Ma un giorno, “quando venne la pienezza dei tempi”, Iddio scoprì d’essersi rotto le scatole pure Lui con questa frattaglia di Satàn. Nel suo stato di onnipotenza, avrebbe potuto schiacciarlo come una formica, disintegrarlo come un leone un pettirosso. Era Dio, Lui: non era un dilettante come son io. Lo sfidò da Signore, dandogli quell’importanza che cercava a tutti i costi. “Ascoltami, bulletto: troppo facile prendertela con i più deboli. Combatti con quelli della tua età, forza!” Pare il dibattito tra due bambini turbolenti: “Prenditela con me, se sei uomo: dimostra che sai combattere!”.



Satàn, pirla, forse non si aspettava una sfida così. Non gli fu nemmeno concesso il gaudio del primo passo: “Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto”. Lo Spirito, non Satàn: manco la forza di portarlo in guerra aveva! Nel duello, poi, Cristo gli disse: “M’han detto che sei un portento di genio: sfidami in battaglia, forza. Vediamo chi vince. Parti tu!” Iniziò lì, ancora prima di iniziare, la rovina di Satàn. Sparò tre cartucce, le stesse usate per impallinare gli uomini e le donne: il miracolo, il mistero, l’autorità. Pensava di rovesciar tutto, s’accorse presto d’essere diventato una polveriera di polvere: “(No, tre volte no, Satàn!)” (cfr Mc 1,12-15).

Fuffa è Satàn. Però, pur (s)gonfiato, è ancora forte: chi di noi può resistere alla tentazione d’essere ritenuto indispensabile? Scrive Shakespeare: “Quando i diavoli vogliono indurre ai più neri peccati, cominciano appunto col suggerirli su un tono celeste”. Le tentazioni celestiali son ben più lussuriose delle carnali: ancora oggi riesce a sorprendermi la freddezza e la lucidità dei ragionamenti del Satàn-porcone. “Perché dargli la soddisfazione di farsi sfidare. Era da ignorare!” vanno dicendo alcuni per criticare l’atteggiamento di Cristo. Non sanno, costoro, che l’uomo non cerca l’oggetto promesso dalla tentazione, cerca disperatamente la sensazione dell’essere tentato: è un’apertura nella routine, gli pare di essere libero. “È facile essere casti se non si è mai tentati” dicono in paese.

Cristo, dal canto suo, approva: solo nella tentazione l’uomo sperimenta appieno la libertà. Un attimo prima è annoiato, uno dopo frustrato: nell’attimo della tentazione è la libertà. Soltanto chi resiste alla tentazione sa quant’è forte la tentazione. D’altra parte è legge della fisica che il vento forte tu lo misuri andando controvento, non sdraiandoti per terra. Cedere dopo cinque minuti alla tentazione è non sapere cosa sarebbe successo dopo un’ora. Cristo fu l’unico a contrastare, reggere: da allora per resistere alla tentazione l’unico modo non sarà solo quello di cederci, ma anche di sfidarla controvento. Rifiutando di sapersi frustrati appena caduti.

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