Mentre nel Nord Italia, teatri sale da concerto, musei, stadi, circoli sportivi ed altri luoghi d’aggregazione sono chiusi come misura cautelativa nei confronti dell’epidemia del coronavirus, la vita culturale e musicale di Roma ferve con l’entusiasmo di sempre. Particolarmente stimolante, l’esecuzione integrale dei 16 quartetti per archi, organizzata dall’Accademia Filarmonica Romana per celebrare i 250 della nascita del compositore. Se ne è riferito in questa testata l’8 febbraio commentando un concerto del Quartetto Belcea.
In questa nota, si commenta il concerto del Quartetto Jerusalem del 20 febbraio e si illustrano le attività del Quartetto Lyskamm, una giovane formazione cameristica che è in residenza questa stagione presso l’Accademia Filarmonica Roma. Mentre le formazioni più affermata (come il Quartetto Pavel Haas, il Quartetto Belcea, il Quartetto Jerusalem ed il Quartetto Hagen) si esibiscono al centralissimo Teatro Argentina), il Quartetto Lyskamm suona nella piccola e deliziosa Sala Casella nei giardini della Filarmonica Romana, quasi ai confini di Villa Borghese.
Nei primi concerti, il Quartetto Lyskamm ha accostato sei quartetti per archi di Beethoven ai sei quartetti per archi di Bela Bartók , ed anche a brani di musica contemporanea (come In superficie di Giulia Lorusso): ciò contribuisce a fare meglio risaltare la modernità del compositore di Bonn.
Non ne ho, sino ad ora riferito in dettaglio (ossia recensendo i singoli concerti) perché credo sia meglio tirare le fila quando il programma avrà raggiunto un buon stadio di avanzamento. Occorre, tuttavia, lodare l’iniziativa della Filarmonica Romana perché unicamente ascoltando i 16 concerti per archi di Beethoven, ed accostandoli con compositori del tardo Ottocento e del Novecento, se ne coglie, l’inedita varietà di soluzioni e di procedimenti e l’innovazione della costruzione di architettura musicale. In primo luogo, l’abbandono della matrice sonatistica in quattro movimenti. In secondo luogo, il mutamento delle relazioni di durata (assoluta e relativa) tra i movimenti, un mutamenti che provoca effetti di grande portata.
Queste innovazioni sono ben messe in rilievo dal Quartetto Jerusalem (fondato nel 1993/94 da quattro musicisti israeliani di origine russa) che ha eseguito due quartetti per arco relativamente distanti, nel tempo, l’uno dall’altro. Il primo è il quartetto No.8 in mi minore op. 59. E’ il secondo dei così detto “quartetti Rasumowky” (dal nome dell’aristocratico russo, a lungo Ambasciatore a Vienna, che li ha commissionati). Risale al 1804-1805. E’ ancora strutturato, formalmente, in quattro movimenti ma le durate di ciascun movimento variano. Il Quartetto Jerusalem ha reso particolarmente bene il complesso terzo movimento Allegretto- Maggiore Thème Russe,
Il secondo brano è uno degli ultimi quartetti di un Beethoven ammalato ma preso dalla furia compositiva. Anche in questo caso, il committente era un aristocratico russo: Nikolaus Boris Galitzin, musicista dilettante ed a conoscenza dei quartetti composti una decina di anni prima su commissione I movimenti sono cinque. Pur se predominano gli allegro (primo, secondo e quinto movimento) ed il vivace (quarto movimento), il molto adagio del terzo movimento caratterizza il tono tormentato del quartetto. Molto buona l’esecuzione del Quartetto Jerusalem, anche se il primo violino ed il violoncello hanno parte dominare gli altri due strumentisti.