Il Queen’s speech è una tradizione che si ripete sempre uguale da secoli, uno dei punti più fedeli della democrazia inglese: il regnante legge il discorso programmatico del Governo in carica all’inizio di una nuova sessione parlamentare, utile ad illustrare gli intenti del programma legislativo dell’esecutivo. Solo che nel 65esimo Queen’s Speech della Regina Elisabetta II il “caos” attorno alla Brexit ha preso decisamente il sopravvento su un Governo, quello di Boris Johnson nella piena bufera proprio per aver bloccato il Parlamento per alcune settimane in modo da far passare senza più rinvii il divorzio ufficiale dall’Unione Europea del Regno Unito. Come spiegano gli stessi account ufficiali della Royal Family, il “Queen’s speech” non è scritto dalla Regina bensì preparato dal Governo in linea con il programma che intende attuare nei prossimi mesi di lavori parlamentari. «La priorità del mio governo è sempre stata quella di garantire l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea il 31 ottobre», legge Elisabetta II durante la cerimonia con presenta, come da tradizione, anche la corona tempestata da 2800 diamanti.
IL QUEEN’S SPEECH E IL CAOS BREXIT
«Il mio governo intende lavorare a una nuova partnership con l’Unione europea, basata sul libero scambio su una cooperazione amichevole. I ministri lavoreranno a nuove norme su pesca, agricoltura e commercio cogliendo le opportunità che sorgeranno all’uscita dalla Ue», legge ancora la Regina Elisabetta in merito alle intenzioni del Governo Johnson, tra i più criticati della storia pur avendo pochissimi mesi di nascita ancora. Sempre in merito al caos Brexit, nel Queen’s Speech si osserva «Il mio governo rimane impegnato nell’assicurare che i cittadini Ue residenti, che si sono integrati e hanno dato un contribuito al Regno Unito, abbiano il diritto di rimanere». Un programma che sembra sempre più elettorale e non parlamentare quello scritto dai Tory e presentato alla Regina: se infatti non dovesse arrivare l’ok sul piano Brexit tra Ue e il Premier, l’ipotesi di elezioni anticipate entro fine anno si farebbero decisamente più vicine e dunque il programma letto oggi sarebbe una sorta di manifesto elettorale del piano Tory per la Gran Bretagna. Tra le leggi del programma dei prossimi mesi – assai contestato dalle opposizioni che parlano già di “propaganda pre-elettorale” – viene confermata l’intenzione d’introdurre dal 2021 un sistema a punti come in Australia per consentire gli ingressi di nuovi immigrati nel Regno Unito sulla base della capacità.