Un paese nel quale gli insegnanti sottopongono agli studenti un questionario con domande ambigue e tendenziose su una questione considerata particolarmente sensibile, con l’obiettivo di verificare la conformità delle loro risposte (e, per esteso, dell’orientamento politico-ideologico delle rispettive famiglie), al solo modo di pensare consentito. No, non è la Corea del Nord o la Germania ai tempi della Stasi, ma è l’Italia di oggi, tormentata dalla mobilitazione permanente dell’armata arcobaleno della sinistra, che ha nel sistema educativo uno dei suoi principali campi di battaglia.
Il caso specifico riguarda il test scritto sull’immigrazione distribuito tra i banchi dell’Istituto d’Istruzione Superiore Statale “Andrea Fantoni” di Clusone, provincia di Bergamo. I contenuti e i toni delle domande non lasciano dubbi circa le informazioni che i promotori dell’iniziativa intendevano strappare ai giovani oggetto dell’investigazione, incentrata malauguratamente sulla comunità marocchina in Italia.
“Secondo te è vero che il comportamento criminale dei marocchini è dovuto alle differenze culturali di questo popolo?”; “i marocchini discendono da popolazioni che possiedono abilità meno sviluppate?”; “saresti disposto ad avere rapporti sessuali con un marocchino?”; “hai mai odiato una persona solo perché è marocchina?”, per citare solo alcuni dei quesiti.
Oltre alla rabbia personale per le gravi offese e per l’umiliazione inferta alla popolazione marocchina, c’è sconcerto e preoccupazione per l’adozione di una simile iniziativa da parte di un istituto scolastico, pubblico oltretutto, e per le sue possibili finalità. I promotori del questionario intendevano “schedare” gli studenti con idee diverse da quelle di una certa sinistra, le uniche a essere legittime e ad avere diritto alla cittadinanza?
È già accaduto nel recente passato, ma in ambienti accademici italiani la tentazione di “schedare” i dissidenti, scomunicandoli perché di “estrema destra”, è ben presente ancora oggi. È quanto apertamente suggerito, ad esempio, da due sociologi “impegnati” presso le università di Ferrara e Torino, in un rapporto sull’islamofobia pubblicato da una fondazione turca legata al partito fondamentalista del presidente-sultano Erdogan (grazie ai finanziamenti dell’ingenua Unione Europea).
Nello loro studio sull’Italia – dove sono finiti nel calderone dell’“estrema destra” partiti come Fratelli d’Italia e tra i quotidiani Il Giornale, La Verità e Libero, mentre il Pd e l’Anpi vengono elevati a bastioni della lotta al razzismo –, i due sociologi stilano una serie di raccomandazioni, tra cui quella di “creare un sistema […] efficiente di raccolta dei dati degli eventi [di natura] islamofobica, razzistica e discriminatoria”. Non è un invito questo a “schedare” chiunque esprima un punto di vista “non allineato”?
Il suggerimento è stato così raccolto dai promotori del questionario sull’immigrazione presso l’istituto scolastico con sede nel bergamasco. L’accaduto, in un paese “normale”, avrebbero fatto scattare l’intervento immediato del ministro dell’Istruzione, sia per stigmatizzare la strumentalizzazione razzista di cui è stata oggetto la comunità marocchina, che per chiedere conto direttamente all’istituto delle motivazioni alla base del questionario.
Tuttavia, finora non c’è stata alcuna reazione da parte del ministro Lucia Azzolina. Non sarebbe invece dovere del ministro dell’Istruzione intervenire concretamente per impedire che la scuola pubblica in Italia venga piegata a logiche di tipo politico? Non occorrerebbe, inoltre, lavorare a una riforma dell’attuazione del principio dell’autonomia scolastica, affinché non venga più consentito a singoli istituti di farsi scudo degli ampi margini di manovra concessi dalla legge per perseguire obiettivi impropri, se non pericolosi?
In un paese normale, appunto, ma non nella realtà dell’Italia attuale, dove è meglio fare come se nulla fosse per non urtare gli alleati di governo nella sempre traballante, ma salda al contempo, coalizione rosso-gialla. Evidentemente, anche il questionario inquisitorio sull’immigrazione è parte integrante della “buona scuola” propagandata dal Pd.