Ugo Magri e Marzo Breda sono un po’ i due “sacerdoti” laici di quanto avviene nelle segrete stanze del Quirinale: i loro articoli sono sempre utili da osservare per capire il “vento” che tira in quel momento sull’asse Presidente della Repubblica-Governo. Ebbene, dopo il retroscena del “Fatto Quotidiano” in merito alle presunte forti perplessità che il Presidente Mattarella avrebbe ammesso sul testo della riforma Cartabia per la giustizia penale.
Fonti del M5s al “Fatto” ribadiscono che il Quirinale sia piuttosto alterato in merito a certi aspetti chiave del nuovo processo penale incardinato dalla riforma Cartabia (che emenda l’impianto di base di quella Bonafede, ndr): «nutrirebbe dubbi sulla norma che conferisce al Parlamento il potere di decidere i reati da perseguire con maggiore urgenza, spogliando così i Pm del potere (costituzionalmente loro garantito) di cogliere fior da fiore nella massa dei fascicoli accatastati sulla scrivania», rivelano le voci del “Fatto”. In più altre indiscrezioni raccolte dal quotidiano di Marco Travaglio, come il fatto che Mattarella sia pronto ad avallare la stroncatura che domani il Csm potrebbe dare al testo base della riforma Cartabia,
IL “PUNTO” DI BREDA E MAGRI SUL M5S
Ebbene, alla versione del “Fatto” replicano i quirinalisti storici di “La Stampa” e “Corriere della Sera”, per l’appunto Ugo Magri e Marzio Breda, i quali smentiscono su tutta la linea la diffidenza del Capo dello Stato. «La vulgata grillina del presidente piromane, dedito ad appiccare incendi ai danni del premier da lui stesso nominato, non trova alcun riscontro sul Colle dove, anzi, queste chiacchiere suscitano stupore», scrive l’editorialista de “La Stampa” smontando la ricostruzione fatta dai colleghi del “Fatto Quotidiano”. Nello specifico, Magri sottolinea come in realtà il Quirinale interverrà come di consueto al termine dell’iter parlamentare della riforma: «è poco credibile che il Quirinale non ne avesse preso anticipatamente visione, trattandosi di giustizia e specie stavolta. Da lassù c’è stato dunque un via libera. Né risulta che domani il Csm entrerà a gamba tesa sulla Cartabia: ai piani alti semmai si attendono un giudizio calibrato, ricco di chiaroscuri». Insomma, le mosse tentate da Conte negli ultimi giorni, dal dialogo con Draghi agli emendamenti presentati a “pioggia” contro la riforma Cartabia, al momento non vedrebbero alcuna “sponda” al Colle.
I timori per Mattarella invece ci sarebbero eccome ma non tanto sulla riforma della giustizia, bensì sulla tenuta dell’intero esecutivo nel semestre bianco: «tra un paio di settimane Mattarella avrà davanti a sé sei mesi nei quali si troverà le mani legate. Mentre i partiti si sentiranno più liberi di giocare duro e magari di contrapporsi fra loro con calcoli spericolati, specie le forze politiche che sostengono il governo Draghi», scrive Marzio Breda, con riferimento diretto anche alle intemerate del “nuovo” Movimento 5 Stelle. «Se, per esempio, un pezzo del Movimento si illudesse di lucrare un vantaggio politico portando il dissenso contro la legge Cartabia alle estreme conseguenze, rischierebbe di scoprirsi isolato anche rispetto al sentimento dell’opinione pubblica. E non ferirebbe più di tanto la tenuta del governo», avverte il decano dei quirinalisti.