Con tassi inflattivi negli Stati Uniti dell’ordine dell’ 8,3% e con i tassi Tresaury a 10 anni in area 3%, gli investitori istituzionali e borsistici hanno portato il prezzo dell’oro nella mattinata del 16 maggio 2022 finanche a 1.786 dollari l’oncia, mentre al contrario “un prezzo naturale” sarebbe intorno ai 2.150 dollari l’oncia, almeno per le mie valutazioni. Cosa sta accadendo al metallo giallo? Detto meglio, cosa nasconde questa anomalia di prezzo?
Innanzitutto, va detto che nella mattinata del 17 maggio si assiste già a un rimbalzo verso i 1.830 dollari l’oncia, ma di fatto va osservato il percorso rispetto a un obiettivo di prezzo, in questo momento sensibilmente lontano. Per prima cosa, va sottolineato che la Banca centrale russa ha di fatto sganciato da diversi giorni il rublo dall’oro, in quanto aggiusta continuamente tale cross non mantenendolo fisso, bensì agganciandolo al valore in dollari dell’oro; tecnicamente, la sola differenza esistente rispetto a prima della guerra è che questo cambio rublo oro non è lasciato al mercato, ma è gestito dalla Banca centrale russa, la quale però, lo si ribadisce, adotta oramai il prezzo di mercato internazionale del dollaro americano.
In più chiare lettere, se la Russia avesse mantenuta fissata la parità di 5.000 rubli per grammo d’oro fino a giugno, ci troveremmo ora con probabili valori del cambio dollaro/rublo pari a 45 rubli per dollaro statunitense, e non solo, in quanto tale cross sarebbe in apprezzamento continuo; d’altra parte, per quanto riguarda l’oro, il valore in dollari sarebbe stato pari a 2.200 dollari l’oncia. Tutto questo si sarebbe verificato grazie a un arbitraggio continuo che avrebbe incrementato la domanda di oro e rubli in maniera ben più intensa di quelli di dollari statunitensi. Ma come appunto si vede, tale meccanismo è stato messo fuori funzionamento dalla Banca centrale russa.
È evidente che le spiegazioni e le analisi di quanto appena presentato non siano affatto né semplici, né scontate; cercheremo di andare, quindi, passo dopo passo con molta cautela e chiarezza.
Quindi, la prima domanda che si pone è la seguente: qual è la nazione che trae il maggior beneficio da un prezzo dell’oro in dollari che diminuisce? La risposta è chiarissima: gli Stati Uniti, in quanto con la carta comprano metallo prezioso e per tale aggancio di valore il resto delle materie prime e dei beni nel mondo; infatti, per tale motivo finì la pacchia degli Stati Uniti nel 1971 con i 35 dollari fissati a una oncia d’oro; in buona sostanza se a tutti i Paesi del mondo andava bene, gli Stati Uniti con la carta, e cioè i dollari compravano ogni cosa, data la considerazione del dollaro come moneta mondiale.
Le vicende seguenti sono poi note, fine della parità dal 1971 e quindi enormi inflazioni e disavanzi commerciali da far rientrare, tutto questo fino alla caduta dell’Urss; il 1991 segna un nuovo inizio e con modalità diverse del dollaro come nuovamente moneta mondiale benchmark, affiancata dalle più importanti valute occidentali, in primis euro e yen.
Questo stato di cose come sappiamo viene messo in crisi in maniera strutturale dal Covid-19 e poi dall’esplosione della guerra in Ucraina, ma in realtà sotto traccia le tensioni si stavano accumulando da anni, da quella più interiore del sistema occidentale – e cioè la crisi dei subprime del 2008 – fino al colpo di Stato in Ucraina del 2014 e relativa annessione della Crimea.
In buona sostanza, il prezzo dell’oro a partire dal 2008 perde il limite inferiore dei 500 dollari l’oncia per dirigersi verso i 1.750 dollari l’oncia degli ultimi cinque anni; il dato numerico è impietoso, e cioè che l’oro aumenta del 395% nei confronti del dollaro; nessuna crescita economica e inflattiva spiega questo disancoraggio di valori, infatti anche ipotizzando dal 2002 in avanti e sino a oggi una crescita del Pil nominale degli stati Uniti del 3% annuo medio, si arriva a un totale dell’80% di crescita cumulata negli anni di riferimento. Pertanto, questi nuovi valori dell’oro sono dovuti semplicemente alla perdita di forza internazionale della divisa degli Stati Uniti, e quindi in sostanza degli Stati Uniti stessi.
A questo punto, l’analisi diventa più complessa e incerta in quanto più risente dei personali giudizi di valore non eliminabili una volta per tutte di fronte alla sconfinatezza degli scenari e delle dimensioni internazionali.
In altre parole, voglio dire che lo schema mio di fondo è che le due uniche super potenze sono gli Stati Uniti e la Russia, con gli Stati Uniti più influenti e importanti su tutte le dimensioni che non siano strettamente militari; l’ho già affermato molte volte, che la retorica stantia di tanti soloni televisivi è per me urticante, quando discettano sulla piccolezza e la risibilità del Pil russo; al contrario il Pil della Russia è uno dei pochissimi casi in cui un’analisi mirata qualitativa e quantitativa fatta con la PPA (parità di potere d’acquisto) informa del fatto che tale Pil è molto più alto della valutazione nominale in dollari; si va in sostanza dalle 3 alle 6 volte a seconda delle ipotesi e dei giudizi; in termini assoluti il Pil nominale russo di 1.500 miliardi di dollari una volta corretto dalla PPA diventa di 5.000 miliardi e fino a un massimo di 9.000 miliardi.
Servono a questo punto degli esempi. In Russia il prezzo dei riscaldamenti e dell’elettricità costa 6/7 volte di meno che in Occidente, anzi in Siberia profonda sono servizi gratuiti; la sanità (di ottimo livello) costa 4 volte circa in meno, con molte aree di totale gratuità. Ma, per ultimo, non si può ricordare che l’ingegnere aeronautico della Sukhoi guadagna 5 volte meno dell’omologo statunitense; bene, fatte tutte queste correzioni si inizia a comprendere perché la Russia è l’altra super potenza, che potrebbe essere indicata come la 1B, mentre gli Stati Uniti possiamo indicarli come la 1A, più importante vasta e sistemica.
Questo scontro odierno tra le due alla fin dei conti impatta sull’intero pianeta, influenzando tutte le dimensioni comprese le quotazioni dell’oro. In modo lineare, se le quotazioni dell’oro in dollari Usa scendono in maniera importante e sistematica, vuol dire che gli Stati Uniti starebbero diventando di nuovo la super potenza unica, ma qui dovremmo pervenire a 700 dollari l’oncia, al contrario, l’innalzamento delle quotazioni dell’oro identifica un mondo sempre più nervoso e instabile.
Dietro le due super potenze c’è l’insieme degli Stati giganti: Cina, India, Unione europea e Brasile, con dei distinguo ovviamente per l’Ue. Soprattutto la Cina ambisce nel medio periodo a diventare la terza super potenza, ma per ora non lo è ancora data la strutturazione quasi esclusiva del suo Pil per i settori base e maturi delle produzioni industriali e per l’altro lato data la sua essenza di nano militare di fronte agli Stati uniti e alla Russia; resta il fatto che date le dimensioni giganti dei 1,5 miliardi di persone la Cina ha un sacco di liquidità internazionale ed è per tale verso molto importante.
Cosa c’entra tutto questo con l’oro? C’entra tutto ciò detto in quanto l’oro misura questi equilibri profondi, e infatti da una decina di anni a questa parte Russia e Cina stanno sempre più cercando di minare le basi del potere mondiale americano e l’oro costando molto di più in termini di dollari misura tutto questo.
Dall’altra parte gli Stati Uniti grazie al loro potere finanziario cercano di tenere sempre il più basso possibile il valore in dollari dell’oro tramite meccanismi della finanza; il più importante è il mercato Comex dei futures dell’oro, nel quale a fronte di una singola oncia di oro fisico si creano circa 550 contratti derivati senza alcuna percentuale di margin call; in sostanza alla scadenza dei futures si regolano le differenze finanziarie.
Del tutto ovvio che con questo meccanismo la dinamica dei prezzi reali viene profondamente imbrigliata a uso e consumo degli americani, che poi distribuiscono al resto del mondo ordine sicurezza e crescita; ma qui verrebbe da dire che i beneficiari quasi esclusivi siamo noi occidentali.
Poi, altri meccanismi di controllo prezzo dell’oro a minor impatto, sono la fissazione statistica del prezzo due volte al giorno allo Lbma di Londra, gestito da 5 grandi banche, e a seguire gli accordi delle Banche centrali maggiori del pianeta a concordare e a trattare con anticipo e armonia tutte le quantità superiori a 100 kg di oro in una singola operazione.
Si inizia a capire ora perché la fine della fissità di 5.000 rubli per grammo d’oro fino a fine giugno si ammanta di complessità, incertezza e immensità?
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