Se la politica prova a fermare il traffico di esseri umani, chi sfrutta la disperazione dei migranti prova a risolvere il “problema” provando a corromperla. È quanto emerge da un’inchiesta partita dalla denuncia di Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia (Fdi), da cui è emerso un business tra Pakistan, Bangladesh e Filippine. Bisogna fare un passo indietro al 28 marzo, quando l’onorevole è stato avvicinato dal titolare di un ristorante, di origini bangladesi, il quale ha chiesto al politico di fare da tramite con un fantomatico “console italiano in Bangladesh” per facilitare il rilascio di visti in entrata per l’Italia. Gli ha parlato apertamente di “compravendita di visti d’ingresso”.



Lo ha precisato Di Giuseppe quando si è presentato due giorni dopo al Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Roma. Di Giuseppe ha anche registrato una conversazione con un iPhone, nella quale si sente l’interlocutore spiegare nei dettagli come funziona il racket di migranti, partendo dalle tariffe. Ad esempio, 15mila euro per un visto di lavoro e 7mila per quello turistico. Ci sono anche i particolari sulla divisione della somma: il 50% a metà tra il titolare del ristorante e il presunto complice in Bangladesh, l’altra metà tra spese e per “oliare” i vari personaggi che devono favorire il rilascio dei visti, come Di Giuseppe, che però li ha smascherati.



DEPUTATO FDI MINACCIATO DOPO AVER DENUNCIATO RACKET MIGRANTI

Al deputato di Fratelli d’Italia è stato offerto un bonus d’ingresso di 300mila euro, soldi mostrati in un successivo incontro, e un fisso mensile da 120mila euro. Una somma importante, ma ancor di più lo è il giro d’affari che, a detta del titolare del ristorante, può arrivare anche a 3 milioni di euro in un solo giorno, anche perché nel racket di migranti non sarebbe coinvolto solo il Bangladesh, ma anche Pakistan, Sri Lanka e Filippine. Il compito di Andrea Di Giuseppe doveva essere quello di fare pressioni sui consolati per facilitare la firma dei visti d’ingresso. Il deputato, però, ha raccontato tutto alla Guardia di Finanza, consegnando file audio e video registrati col cellulare, poi è partito a Miami, dove vive ed è stato avvicinato da un uomo che afferma di avere un amico in comune, proprio il titolare del ristorante.



L’onorevole, eletto nella circoscrizione del Centro-Nord America nelle file di Fratelli d’Italia, si è rivolto quindi ai finanzieri per capire come muoversi e come comportarsi negli incontri successivi. Nel corso di una cena ha scoperto, ad esempio, che la ramificazione criminale è molto complessa, tanto che ci si appoggia a conti correnti a Singapore e ad una catena di negozi-lavatrici in Italia. Ma Di Giuseppe ha aperto anche un altro fronte, quello di chi firma i visti. La Guardia di Finanza ha aperto un’indagine e sono iniziate le verifiche del caso. Il fascicolo è ora nelle mani del Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata (Gico). Nel frattempo, Di Giuseppe ha ricevuto minacce. Una a Miami, l’altra a Roma, dove è stato avvicinato da un uomo in bicicletta che gli ha detto: «Onorevole, chi si fa i ca**i propri vive più a lungo…». Ci sono state anche molte telefonate anonime. Anche su tutto questo sono in corso indagini.