La radioterapia è uno dei sistemi più diffusi per curare il cancro al seno, e se ne è parlato stamane sul tabloid britannico Daily Mail. Si calcola che ogni anno circa 33mila persone vengano trattate con questo metodo oltre Manica, e consiste in una terapia ai raggi X ad alta energia che danneggia il DNA delle cellule tumorali. Si tratta purtroppo di un trattamento che non è utilizzabile per tutti i malati oncologici visto che il cuore può risentire gli effetti di questo “bombardamento”, di conseguenza coloro che soffrono di problemi cardiaci sono esclusi dalla radioterapia.



A riguardo si sta testando un sistema di radioterapia con tecniche protoniche che sarebbe meno dannoso all’apparato cardiaco dell’uomo: “La ricerca negli Stati Uniti ha già dimostrato che le tecniche protoniche erogano al cuore dosi minori di radiazioni rispetto alle tecniche standard, ma non è ancora certo se ciò dia un vantaggio al paziente a lungo termine”, le parole al Daily Mail del dottor Richard Simcock, oncologo clinico presso il Sussex Cancer Center e Chief Medical Officer presso Macmillan Cancer Support, che poi ha aggiunto: “Ci sarà sempre un piccolo sottogruppo di pazienti, a causa di un’anatomia insolita o di problemi cardiaci preesistenti, in cui anche sofisticate tecniche di radioterapia non ci consentiranno di erogarlo con la sicurezza che vorremmo. Possiamo trattare la maggior parte dei pazienti affetti da cancro al seno utilizzando la radioterapia in modo completamente sicuro”.



RADIOTERAPIA AI PROTONI: SPERIMENTAZIONE DA 7 ANNI

La terapia con fasci di protoni è in sperimentazione dal 2016, quindi da ben 7 anni, e la radiazione in questi casi viene erogata attraverso delle particelle cariche e non con i classici raggi X come si usa nella radioterapia convenzionale. In quest’ultima il raggio viene angolato di modo che le particelle ai raggi X attraversino il tessuto da un lato del seno, per poi uscire dall’altro, evitando la maggior parte degli organi, mentre in quella protonica colpisce direttamente il seno, individuando l’area dove rilasciare l’energia e fermare poi le particelle quando raggiungono la parte posteriore del seno, di modo da non colpire altri organi.



Di conseguenza si tratta di un sistema molto più preciso rispetto alla radioterapia standard. “I risultati della sperimentazione – ha concluso il dottor Simcock – non saranno disponibili prima di cinque anni. Se riusciamo a dimostrare che la terapia con fasci di protoni fa la differenza per questo gruppo di pazienti (un gruppo di controllo che si sta sottoponendo al test ndr), in futuro potrebbe essere regolarmente offerta ad altri”.