Continua la guerra a Gaza tra Israele e Hamas, in attesa della tanto discussa incursione a Rafah che negli occhi della leadership israeliana sarà l’ultimo passo per garantire l’eliminazione di tutti i battaglioni di terroristi. Una missione, però, che sta trovando una rigida opposizione da parte dell’Occidente e, soprattutto, degli USA che fino ad ora (ma non è veramente cambiato) hanno sempre lasciato allo Stato ebraico carta bianca.



Rafah, però, è uno dei punti attualmente più delicati a Gaza perché accoglie l’unico campo profughi della Striscia, con più di 1,5 milioni di palestinesi arroccati in tende e baracche di fortuna. Gli USA, così come il resto degli osservatori, temono che l’incursione dell’Idf nella città palestinese causerebbe una vera e propria crisi umanitaria, costringendo i profughi a riversarsi in Egitto o a tornare alla loro case, nell’ormai devastato Nord della Striscia. Ma nonostante i proclami del presidente USA contro l’incursione a Rafah, sembra che la linea ufficiosa sia ben diversa. Due alti funzionari statunitensi, infatti, hanno spiegato al Times of Israel che “non stiamo dicendo che non potete farlo“, limitandosi ad indicare “alternative praticabili che vi aiutino a raggiungere i vostri obbiettivi”.



Il piano B degli USA per evitare l’incursione a Rafah

Alternative che, riferisce il Messaggero, saranno al centro di un ormai imminente incontro tra gli USA e i vertici di Israele, fine proprio a discutere la strategia per l’incursione a Rafah. Da tempo l’amministrazione statunitense critica, in particolare, l’idea invadere via terra la città, perché l’ipotesi prevederebbe, prima, la necessità di evacuare i numerosissimi civili palestinesi. Per questa ragione, probabilmente, Tel Aviv sta tardando l’incursione, in attesa che il piano di evacuazione venga definito, accettato ed, infine, completamente attuato.



Inoltre, gli USA sembrano aver formulato un’ipotesi di piano B per Rafah, che eviterebbe la necessità di ricorrere all’esercito via terra. Si potrebbero organizzare una serie di operazioni mirate, prima per individuare e liberare i civili che Hamas ha reso ostaggi e, poi, per individuare i leader del movimento islamico, eliminandoli con precisione con il minor costo umano. Tutto questo, ovviamente, con il supporto dell’intelligence, sulla falsa riga di diversi altri omicidi mirati organizzate negli ultimi mesi, e che eviterebbe l’ampia evacuazione di Rafah.