Si è ribellato alle rigide normative anti coronavirus il direttore di Focus, Raffaele Leone. Il collega giornalista ha deciso di mettersi in auto per sottoporsi ad un test, visto che negli ultimi giorni aveva accusato sintomi tipici dell’infezione da covid-19, leggasi febbre, tosse, e soprattutto, perdita del gusto: «Ho disobbedito – racconta lo stesso Leone ai microfoni del Corriere della Sera – ho preso l’ auto, ho fatto 81 chilometri per sottopormi a un test che la Regione non vuole si faccia. Sono stato costretto dopo aver chiesto inutilmente alla stessa Regione di verificare la mia contagiosità». Il collega giornalista si è chiuso in casa per le due classiche settimane di quarantena, ma al termine della stessa gli è sorto l’atroce dubbio: «Sono ancora positivo? Sono ancora contagioso? Posso attaccare il Covid 19 alle mie figlie che non vedo da un mese?».



RAFFAELE LEONE: “HO TRASGREDITO? MEGLIO FARLO CHE ESSERE INFETTI E NON SAPERLO…”

Di conseguenza, si è messo in auto ed è andato fino a Robbio, in provincia di Pavia: «Dopo che mi è passata la febbre ho scritto alla Regione. So benissimo che dopo due settimane di quarantena uno viene considerato guarito ma siccome sento che sempre più persone sono positive ben dopo i 14 giorni, ho chiesto di nuovo il tampone perché voglio certificare la mia guarigione e non contagiare nessuno. Nella lettera scrivo anche che li riterrò responsabili nel caso dovessi contagiare qualcuno. In ogni caso non ho avuto nessuna risposta alla mia lettere e oggi (ieri ndr), al diciottesimo giorno, ho preso la mia decisione e ho disobbedito alle autorità regionali». Ma perchè proprio a Robbio? «Perché mi è stato segnalato – spiega Leone – che c’è un sindaco e un medico che hanno deciso di fare gli esami sierologici a chi vuole. Uno si prenota, si pagano 45 euro, ci si mette in fila davanti al palazzetto dello Sport, si fa il prelievo e dopo un paio di giorni arrivano i risultati per capire se effettivamente hai fatto la malattia». E così che il direttore di Focus si è messo in fila assieme a molte altre persone delle forze dell’ordine, ma anche medici di famiglia provenienti da gran parte della Lombardia: «È un pellegrinaggio continuo». Leone non si sente in colpa per aver trasgredito la legge: «È preferibile disobbedire – conclude – piuttosto che sentirsi dire stai a casa oppure esci. Qui in gioco c’è una cosa fondamentale: cercare di prevenire in ogni modo il diffondersi della malattia».

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