Episodio di violenza shock in una piazza nel Rhodense, dove un 19enne ha preso a botte la compagna incinta, davanti ai presenti, che hanno chiamato le forze dell’ordine. “Non era la prima volta che la picchiava”, raccontano a Il Giorno due dei giovani che hanno assistito alla scena. La ragazza, davanti ai militari accorsi sul posto, ha rifiutato di salire sull’ambulanza e di andare al pronto soccorso. Non ha neppure denunciato il compagno, nonostante più volte sia stata picchiata, presa a pugni e calci e umiliata pubblicamente.
“I dati dicono che per il 6% delle donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza, la violenza si è manifestata in gravidanza e di solito era già presente nella coppia”, spiega Chiara Sainaghi della Fondazione Somaschi, responsabile dei centri antiviolenza Hara del Garbagnatese e del Rhodense, a Il Giorno. Nel primo semestre del 2023 sono state 80 le donne che si sono rivolte al centro per chiedere aiuto. I numeri sono in aumento: nello stesso periodo del 2022 erano state 61, 10 in più del 2021. Di queste, 5 erano incinte e sono state segnalate dal pronto soccorso dove erano arrivate piene di lividi. In pochissime, però, scelgono di denunciare chi le riduce così.
Ragazza incinta picchiata a Rho: non è un caso isolato
Chiara Sainaghi, della Fondazione Somaschi, prosegue: “Noi addetti ai lavori attribuiamo alla parola denuncia un senso ampio. Denunciare è poter uscire dal silenzio, è potersi confidare con chi ci è più vicino, è chiedere aiuto. E il nostro aiuto non è vincolato al fatto che ci sia una formalizzazione di denuncia che non è l’unica strada per poter costruire un percorso di fuoriuscita dalla violenza“. Le donne vittime di violenza e abusi possono rivolgersi ai centri territoriali ma anche ai pronto soccorso, alle forze dell’ordine, ai consultori familiari, ai servizi sociali.
“Il centro antiviolenza è uno strumento anche per la comunità e non solo per la donna che è già consapevole e chiede aiuto, o viene inviata dal pronto soccorso. Bisogna poter guardare anche a chi non arriverebbe mai da sola a chiedere aiuto, e costruire una rete di protezione attorno a queste persone”, prosegue la responsabile. “Ci sono ancora troppe situazioni sommerse, tra le vittime anche molte giovani . Lo conferma l’Oms: una donna su tre, nell’arco della vita, ha subito una qualche forma di violenza da parte di un uomo (dati raccolti tra dal 2000 al 2018)” conclude Sainaghi.