Che estate sarà per i quasi 8 milioni di bambini, tra zero e 14 anni, dopo tre mesi di chiusura e isolamento in casa? Il Comitato scientifico che lavora con il Governo sembra essersi dimenticato di loro. Non c’è nulla di chiaro né di specifico. Sono oltre 3 milioni i bambini fra i tre e gli undici anni maggiormente sottoposti al disagio. Bocciata la riapertura degli asili nido, per mancanza di personale (ma non è una novità); parchi aperti, ma divieto di usare giochi, scivoli e altalene (anche se basta girare per Milano e notare che un sacco di gente li utilizza). Troppo costoso sanificare i 1.600 parchi di Roma. I centri estivi dovrebbero riaprire il 15 giugno, ma ogni Regione decide per conto proprio. Previsti, poi, aumenti dei costi di iscrizione, perché devono essere garantiti più educatori, uno ogni sette bambini anziché ogni venti come negli anni scorsi. “Teniamo anche conto che molti genitori hanno già fatto le ferie, perché messi in ferie in via precauzionale dalle aziende durante la fase 1” spiega Giorgio Chiosso, pedagogista, ordinario di Storia dell’educazione nell’Università di Torino.
Milioni di bambini si apprestano ad affrontare l’estate dopo tre mesi senza andare a scuola. Il lockdown che segni ha lasciato in loro?
L’interruzione dell’attività scolastica nei bambini delle elementari ha causato inizialmente una sorpresa, la curiosità di sperimentare cosa vuol dire non andare a scuola. Passata questa prima fase euforica, hanno poi fatto i conti con due elementi.
Quali?
Innanzitutto, la mancanza dei compagni. La classe ha una funzione molto significativa nell’esperienza infantile e la mancanza della maestra o delle maestre in questa età è importante. La figura dell’adulto esterno che si affianca ai genitori ha un peso molto significativo. Tutti noi adulti, quando ci viene chiesto chi ricordiamo di più del nostro periodo scolastico, citiamo sempre il maestro o la maestra.
La convivenza a tempo pieno con i genitori invece che alternarsi con quella dell’educatore cosa può aver prodotto?
Abbiamo vissuto una specie di delega della scuola, e parlo riferendomi a insegnanti coscienziosi, preoccupati dell’insegnamento e della famiglia. Parlo cioè di insegnanti che si sono dedicati al loro mestiere e ai bambini, che però a quell’età fanno fatica a comunicare attraverso uno schermo. E poi non possono stare oltre un certo limite di tempo davanti a uno schermo, altrimenti possono insorgere dei disturbi.
Non ne viene fuori una bella situazione…
No, ma non sono pessimista. Spero che con il ritorno a scuola si superino questi stati di disagio. Non dimentichiamoci però della povertà educativa, di quella fascia di allievi, il 35%, che per varie ragioni non hanno neanche potuto beneficiare della didattica a distanza. Si tratta di famiglie in difficoltà economiche o geograficamente periferiche, casi già difficili per conto loro.
Che estate sarà per i bambini? Ci sono tanti paletti che impediranno loro un periodo di serenità?
Beate le famiglie che possono godere di nonni in buona salute. È probabile che molte iniziative previste per alleggerire le famiglie non verranno messe in atto. Le cooperative o le associazioni che di solito si occupano dei ragazzini temono di finire nei guai se qualcuno dovesse ammalarsi. E poi aumentano i costi: tutto questo aggrava ulteriormente la situazione dei bambini.
Alcune famiglie possono permettersi la baby sitter.
Vorrei un po’ sfatare la figura della baby sitter: chi ci garantisce che sono persone affidabili, che non si improvvisano, che non hanno un approccio educativo con il bambino? Penso che il governo farebbe bene a togliere un po’ dei paletti che dicevamo: sarebbe la soluzione migliore.
Sarà un’estate anomala, traumatica?
Non credo, i bambini hanno la fortuna di essere abbastanza flessibili, quando il disagio non si protrae a lungo e se i genitori riescono a compensare questa difficoltà relazionale. Penso che non dobbiamo drammatizzare più di tanto. Anche se c’è una critica che mi sento di fare.
Quale?
Siamo tutti giustamente molto preoccupati dell’economia, ci siamo scandalizzati altrettanto giustamente per la morte di tanti anziani e invece abbiamo lasciato passare come fosse una cosa normale la chiusura delle scuole, lasciando i ragazzi per conto loro. Il governo non avrebbe dovuto agire in questo modo, come se avesse voluto scaricarsi di dosso un problema: haU lasciato i bambini a casa come se la scuola contasse molto poco. Non è un bel messaggio.