La lunga marcia di Rahul Gandhi per unire l’India

Il nome di Rahul Gandhi dovrebbe far scattare più di una campanella. Porta, infatti, il nome di una delle più importanti dinastie politiche indiane, la famiglia Nehru-Ganghi. Il cognome, però, non deve far pensare che sia discendente diretto del più famoso Mahatma, ma fu un segno di rispetto del marito di Indira, nonna di Rahul, che cambiò la grafia del suo cognome in suo onore.



Tornando, però, a Rahul Gandhi, torniamo nell’attualità politica dell’India, che lo vede a capo dell’opposizione dell’attuale governo. Recentemente, ha inoltre deciso di intraprendere una lunga marcia, dall’Oceano Indiano fino al Kashmir, per un totale di 3.500 chilometri percorsi a piedi, una marcia per unire l’India. E parlando con il Corriere della Sera ha deciso, per la prima volta, di raccontare la sua storia, la sua India e la sua lunga marcia per unirla sotto il suo stendardo. Una marcia “per ascoltare e capire i miei compatrioti, e per ascoltare e capire me stesso”, confessa Rahul Gandhi, partito aspettando di trovare un’India percorsa dall’odio, ma che in realtà “si aiuta, si prende cura degli altri“.



Rahul Gandhi: “In India c’è il fascismo”

Della sua lunga marcia per unire l’India, Rahul Gandhi conserva dei pezzi importanti, parlando emozionando per esempio dei “cinque bambini (..) talmente conquistati dallo yatra che sono scappati di casa per unirsi a noi. Me li sono ritrovati davanti in Punjab, abbiamo dovuto chiamare i genitori affinché se li riprendessero”. Un’India, insomma, resiliente, ma anche sofferente, che richiede unione, ed un nuovo importante sforzo.

“La democrazia indiana non esiste più”, sostiene fermamente Rahul Gandhi al Corriere, “ma ora comincia il contrattacco”. In India, secondo lui, sta prendendo piede il fascismo, “le strutture democratiche collassano e il Parlamento non lavora più: da due anni non riesco a parlare, appena prendo la parola mi staccano il microfono. La stampa non è più libera. La manifestazione del pensiero è proibita”. Il problema, secondo Rahul Gandhi, sono “gli estremisti hindu della setta Rss [che] si sono infiltrati in ogni istituzione e la condizionano”. Del leader indiano, Modi, ne parla come “dell’espressione di un’idea, di una parte del popolo”. Ma la sua idea è anche piuttosto chiara, “il fascismo si sconfigge offrendo un’alternativa. Se al voto si confronteranno due visioni dell’India, potremo prevalere”.