Della famosa frase sul cambiamento pronunciata da Tancredi Falconeri nel Gattopardo, esistono molte versioni. Quella scritta nel romanzo è la seguente: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Al vostro vecchio Yoda viene sempre in mente ogni volta che sente parlare di grandi e piccole riforme, in particolare quando si tratta di riforma della governance della Rai, richiesta a gran voce da rappresentanti di spicco del Pd, tra cui il presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza della Rai. Chi sa come va il giro del fumo tra viale Mazzini e il Parlamento, sa anche che si tratta di scaramucce ben più tattiche, intese a fare pressioni per ottenere dei posti di rilievo nella gestione del Servizio Pubblico.
La faccenda è più semplice di quanto non si creda, perché i posti che contano in Rai sono stati distribuiti ai tempi della formazione del Governo giallo-verde secondo il cosiddetto manuale Cencelli (sempre in vigore da tempi immemorabili), salvo qualche successivo ritocco.
Così, periodicamente, il Pd alza la voce, mirando in realtà a qualche poltrona da sottrarre ai leghisti. In questi giorni l’occasione di farlo è stata data da un incontro tra l’Ad della Rai Salini e il Presidente Conte, in cui si sarebbe parlato dell’ipotesi di allungare la durata del mandato dell’attuale CdA. Subito si sono alzati alti lai da parte del Segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, che ha parlato di “episodio gravissimo”, visto che il tema della riforma della governance del servizio pubblico “è una competenza del Parlamento”. Indubbiamente ha ragione, ma se anche fosse vero, nulla impedisce al capo del Governo di parlare di una simile ipotesi con l’Ad della Rai. Sembrerebbe una polemica sul nulla, se non fosse giunto il rinforzo delle dichiarazioni del vicecapogruppo del Pd alla Camera, Michele Bordo: “Come il premier Conte sa bene, il Pd giudica altamente fallimentare la gestione di Salini, soprattutto in termini di garanzie sul pluralismo”.
Ora se stiamo ai fatti – giudizio sui contenuti a parte – è un fatto assodato che la Rai, in termini di audience, sia stata durante questa gestione sempre avanti a Mediaset, che sembra aver abbandonato il territorio delle fiction, molto ben presidiato invece da viale Mazzini. Argomento subito sfoderato da Emilio Carelli, membro della Commissione di Vigilanza Rai in rappresentanza del Movimento 5 Stelle: “Leggo con stupore le dichiarazioni da parte del Pd sull’Ad della Rai Fabrizio Salini, che rappresentano un vero e proprio attacco al suo operato. Posso dire che sta lavorando bene, ma forse a qualcuno non piace l’indipendenza dimostrata da Salini e il suo indubbio tentativo di governare la Rai senza subire troppe pressioni dei partiti”.
Non è quindi abbastanza chiaro? Salini è stato indicato dai grillini, mentre il presidente Foa dai leghisti. Ora che lo scenario politico è cambiato, come i relativi rapporti di forza in Parlamento, il Pd non perde l’occasione per strillare alla cattiva gestione e al mancato pluralismo. Alzando il tiro, ma per mirare a qualche posto di potere radiotelevisivo.
Nulla di nuovo sotto il sole.