Dopo la Bbc, anche la Rai ha deciso di sospendere i servizi giornalistici dalla Russia. Attraverso un comunicato stampa la Tv di Stato ha fatto sapere che la decisione è stata presa “in seguito all’approvazione della normativa che prevede forti pene detentive per la pubblicazione di notizie ritenute false dalle autorità”. Di conseguenza, a partire da oggi sono sospesi “i servizi giornalistici dei propri inviati e corrispondenti dalla Federazione Russa”. Una misura necessaria, spiega la Rai, che si è resa necessaria per “tutelare la sicurezza dei giornalisti sul posto e la massima libertà nell’informazione relativa al Paese”. Dunque, verranno ritirati gli inviati Marc Innaro e Alessandro Cassieri.
Pertanto, le notizie in merito a ciò che accade in Russia verranno fornite “sulla base di una pluralità di fonti da giornalisti dell’Azienda in servizio in Paesi vicini e nelle redazioni centrali in Italia”. Una decisione simile ha preso anche il Tg5. Infatti, il direttore Clemente Mimun all’AdnKronos ha annunciato che il loro inviato in Russia sarà ritirato per lo stesso motivo.
ANCHE TG5 RITIRA INVIATO DALLA RUSSIA
“Anche noi giocoforza ritireremo l’inviato dalla Russia. Le norme sono talmente punitive che non si può fare nulla”, ha confermato Clemente Mimun. Il riferimento è all’approvazione da parte della Duma, il Parlamento di Mosca, di una legge che prevede il carcere per chi diffonde notizie sulla guerra considerate “false” dal governo russo. “Per lavorare in Russia i giornalisti devono avere un permesso. Io non ho corrispondenti ma un inviato ancora senza permesso. Adesso però, costretti da queste nuove regole, lo faremo tornare”, ha precisato il direttore del Tg5.
In Ucraina, comunque, la situazione non è migliore per i giornalisti: “Gli ucraini sono sospettosi perché temono le spie russe, e i soldati russi non vanno molto per il sottile con i reporter”. L’attenzione si sta focalizzando sul racconto degli inviati, ma il loro lavoro si complica: “Si fa sempre più difficile, quando non impossibile, con le limitazioni russe”, ha concluso Clemente Mimun all’AdnKronos.