Ieri, poco dopo le 12 ora locale, l’Ucraina ha attaccato la Crimea lanciando 5 missili Atacms americani. Quattro sarebbero stati neutralizzati dalla contraerea russa, il quinto è stato deviato su una spiaggia di Sebastopoli. Secondo fonti russe, l’impatto del missile ha causato la morte di 5 persone di cui 3 bambini, mentre altre 120 persone sono rimaste ferite. I russi hanno promesso che il supporto americano all’Ucraina non resterà impunito. In passato, spiega Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, le forze russe, senza che fosse stato messo in rilievo in Occidente, hanno già colpito punti in cui si trovava personale straniero giunto in Ucraina per sostenere la guerra contro Mosca.
L’episodio di ieri è un segnale che il conflitto può ancora salire di tono. Un dettaglio importante, spiega Gaiani, è che il lancio dei missili Atacms di solito è accompagnato da quello di droni ricognitori che lo guidano e che hanno la loro base madre a Sigonella, in Italia. I russi intanto continuano la loro strategia di logoramento delle forze ucraine. Un logoramento che diventa politico: lo dimostrano le crisi che riguardano Gran Bretagna, Francia e Germania, i cui governi sono tra i principali sostenitori della guerra ma non godono più del sostegno degli elettori.
I russi accusano gli americani di essere tra i responsabili dell’attacco in Crimea. Il ministero della Difesa di Mosca sostiene che il lancio dei missili Atacms non poteva avvenire senza l’aiuto di tecnici USA. È così?
Non è la prima volta che Kiev colpisce obiettivi civili in territori ucraini sotto il controllo russo. Il fatto che abbiano usato missili balistici Atacms (i russi dicono che ne sono stati abbattuti quattro mentre uno è andato a bersaglio) non fa altro che aumentare la tensione. In realtà non ha senso impiegarli per colpire civili, ma concentramenti di truppe, aeroporti per danneggiare aerei ed elicotteri; bisogna capire se c’era un obiettivo diverso. Le vittime civili potrebbero anche essere state causate dalla caduta del missile USA abbattuto dalla difesa aerea russa. È già successo con missili russi colpiti dalla contraerea ucraina. L’impiego degli Atacms, comunque, comporta un ampio supporto tecnico americano: vengono usati con i lanciatori Himars e l’attacco è anticipato da un drone in volo sul Mar Nero. Droni che decollano dalla base siciliana di Sigonella e che fungono da ricognitori e da guida per i missili.
Mosca ha accusato Washington e ha detto che ci sarà una risposta. Quale potrebbe essere?
Già in passato moltissime volte, anche se le notizie non sono di fonte occidentale e nei Paesi UE non se ne è parlato, i russi hanno colpito luoghi in cui c’erano militari stranieri, volontari che erano andati a combattere con Kiev: americani, inglesi, polacchi, francesi. Hanno colpito comandi militari ucraini sotterranei dove potrebbero esserci stati consiglieri della NATO.
Ritorsioni contro gli americani, quindi, ne hanno già fatte?
Non solo contro gli americani. Alcuni siti che monitorano il traffico aereo avevano notato un inusuale flusso di velivoli per evacuazione sanitaria di Paesi occidentali che atterravano negli aeroporti polacchi o rumeni dopo gli attacchi dei russi in cui sarebbero stati coinvolti militari dei Paesi NATO. La prima cosa che viene da pensare è che anche stavolta organizzino una rappresaglia come quelle.
Il fatto che i droni che accompagnano queste azioni partano da Sigonella significa che potrebbe essere addossata una responsabilità anche all’Italia?
Noi abbiamo diverse basi americane e un accordo sulla sicurezza firmato con gli USA che risale al 1954, in parte secretato. Gli statunitensi utilizzano le nostre basi senza che questo coinvolga direttamente l’Italia. Sono operazioni autonome. Sigonella è stata usata per missioni di aerei da pattugliamento marittimo e droni sul Mar Nero, non per lanciare ordigni, ma per raccogliere informazioni che servono a sostenere gli ucraini negli attacchi contro la flotta russa in quell’area e contro la Crimea.
I droni per l’attacco a Sebastopoli delle ultime ore, quindi, sono arrivati da Sigonella?
Gli USA potrebbero anche averli rischierati in Grecia, però la loro base madre è Sigonella. Sono droni a lungo raggio da ricognizione strategica, si chiamano Global Hawk.
Intanto l’ISW americano parla di un possibile attacco russo in estate, probabilmente in zona Donbass. Le azioni su Kharkiv degli ultimi tempi sarebbero dei diversivi. C’è da crederci?
L’ISW è un think tank di matrice neocon e non ha mai nascosto di schierarsi a fianco della causa ucraina. Va letto tenendo conto di questo: alzare la percezione della minaccia russa significa sostenere un maggiore invio delle armi occidentali, ma anche favorire la linea di un maggior coinvolgimento dell’Occidente. L’obiettivo su Kharkiv è di creare una fascia di sicurezza, per evitare che i sabotatori ucraini entrino in Russia nella zona di Belgorod. Questo tipo di penetrazione sta costringendo gli ucraini a contrastare il nemico su un nuovo fronte, nonostante la carenza di truppe addestrate. Hanno dovuto spostare riserve, stanno mandando a combattere Polizia e Guardie di frontiera. I russi, intanto, sono riusciti ad avanzare anche nel settore di Kupiansk.
Dove vogliono arrivare?
Il loro obiettivo non è tanto conquistare territori, anche se avanzano ogni giorno, ma ingaggiare le forze ucraine costringendole a disperdere le loro riserve su più fronti per demolirne i reparti militari. La Russia sta facendo una guerra di annientamento delle capacità belliche del nemico in termini di reparti, armi e munizioni. In questa ottica non mi stupirei se aprissero un altro fronte a Sumy, sempre lungo il confine con la Russia.
Non ci sono nuovi piani, quindi?
I piani ci possono essere, però non è detto che la Russia abbia interesse a scatenare un’offensiva decisiva sull’Ucraina. Punta al logoramento costante delle forze ucraine, che ha dimostrato l’insufficienza degli aiuti occidentali. Gli USA accusano la Nord Corea, uno dei Paesi più poveri del mondo, di aver dato 5 milioni di proiettili di artiglieria alla Russia, imbarcati su 11mila container sopra altrettanti carri ferroviari. Ammesso che sia vero, tutto ciò ridicolizza il fatto che la ricchissima Europa, a un anno e mezzo dalla promessa di fornire un milione di proiettili all’Ucraina, non è ancora riuscita a mantenerla e forse lo farà entro l’anno.
A cosa puntano i russi con questa strategia?
La strategia russa di annientare progressivamente le forze ucraine sta pagando sul piano politico: lo dimostra il fatto che i tre principali Paesi fautori dell’approccio bellico, Francia, Gran Bretagna e Germania, hanno governi in crisi o elezioni alle porte. Sul piano politico la strategia di Putin sta dando dei risultati, al di là della conquista dei territori.
Dopo la conferenza in Svizzera, il portavoce di Scholz ha detto che la prossima volta si sarebbe dovuto invitare la Russia. Nessuno in Europa pensa a negoziare?
La proposta di Putin di cedere quattro regioni è stata respinta con sdegno. Ma accettare un negoziato significa sedersi al tavolo e dire: “Vuoi quattro regioni? Te ne do tre o forse due”. Due anni fa ci fu un accordo di pace, mediato dai turchi e accettato da ucraini e russi: prevedeva un’Ucraina neutrale e l’autonomia alle due regioni del Donbass. Gli americani lo hanno fatto saltare. Putin oggi chiede l’annessione di quattro regioni, se aspettiamo altri sei mesi le pretese russe saranno più ampie. Gli ucraini non hanno modo di ribaltare la situazione, visto che per reclutare persone che vadano al fronte devono scatenare delle retate nelle città: nessuno più si arruola volontario.
Cosa può succedere allora?
I casi sono due: o le nostre classi dirigenti decidono di inviare 100-200mila soldati europei della NATO ad aiutare gli ucraini, o stanno prendendo tempo, perché Kiev non può crollare prima che si costituisca la nuova Commissione europea e prima che si voti in America, per non mettere in difficoltà Biden alle presidenziali.
Cosa bisognerebbe fare invece?
Il ministro della Difesa Crosetto ha chiesto di coinvolgere i Paesi del Sud del mondo. È interessante che l’Italia continui a parlare di trattative guardando a chi non ha firmato il documento della conferenza di pace svizzera: l’idea che sta passando è che per arrivare alla pace bisogna parlare con tutti.
(Paolo Rossetti)
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