Secondo il Centro Studi di Confindustria, la produzione industriale di luglio ha fatto registrare un calo dello 0,7%, dovuto “sia a un maggiore ricorso alle scorte di magazzino, necessario per soddisfare l’afflusso di ordini, sia ad alcune strozzature dell’offerta lungo la filiera produttiva internazionale dovute alla scarsità di alcune componenti e materie prime“. Secondo Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano, «non è da escludere che possano esserci dei temporanei rallentamenti, però il tema delle materie prime lo vedrei in una prospettiva un po’ più di medio termine che non nel solo effetto a breve su uno-due mesi».
La manifattura e l’edilizia, settori che possono subire maggiormente gli effetti dell’andamento del mercato delle materie prime, sono però quelli che stanno trainando la ripresa italiana…
Sì, c’è un effettivo problema degli approvvigionamenti per quel che riguarda i materiali dell’edilizia, ma questo non vuol dire che comunque l’attività non sia in qualche modo molto intensa: magari manca un pezzo per completare un lavoro, ma il lavoro c’è. Si tratta di capire quanto potrà durare questa strozzatura. Se anche la manifattura dovesse frenare nel corso dell’estate, dobbiamo comunque valutare l’economia nel suo complesso: ci sono altri settori che nello stesso periodo potranno eventualmente anche più che tamponare il rallentamento dell’industria.
Quali sono questi settori?
Per esempio, il turismo. Non dobbiamo poi dimenticare che nel primo semestre, quello che si è chiuso con una crescita acquisita del Pil del 4,8%, i consumi privati non erano ancora del tutto ripartiti. Francamente non avrei quindi preoccupazioni particolari, sono convinto che le strozzature ci siano, ma che siano anche artificiali, derivanti cioè da un periodo in cui, causa pandemia e lockdown, erano saltati tutti gli schemi. Ci vorrà quindi un po’ di tempo perché la macchina delle forniture globali torni ad avere gli ingranaggi oliati. Occorre poi aver ben presente qual è la situazione della ripartenza economica del nostro Paese e in questo senso ho alcuni dati interessanti.
Che cosa dicono?
Ho provato a ricostruire, visto che non tutti gli istituti di statistica nazionale la calcolano, la crescita acquisita dopo il primo semestre per i Paesi Ocse. Oltre a Italia e Francia, anche il Canada ha un dato pari al +4,8%. Meglio di loro fanno gli Usa con un +4,9%. Comparando questi dati con le previsioni sul Pil del 2021 dei principali istituti economici, che l’Economist pubblica aggiornandole settimanalmente, vediamo che il Paese che ha già quasi raggiunto il “traguardo annuale” è proprio il nostro (+4,8% rispetto a +5%). L’altro più vicino alla previsione annuale è la Corea del Sud (+3,4% rispetto a +3,8%). Agli Usa manca l’1,1% (+4,9% rispetto a +6%), alla Spagna l’1,7% (+4,4% rispetto a +6,1%) e alla Germania addirittura il 2,3% (+1,2% rispetto a +3,5%). Dunque, se anche la nostra manifattura rallentasse un po’, ma turismo e consumi privati nel frattempo crescessero, l’Italia avrebbe davanti un percorso relativamente più facile rispetto a quello degli altri Paesi.
In ogni caso più cresceremo meglio sarà, visto il terreno da recuperare rispetto al Pil pre-Covid e la possibilità di migliorare i saldi di finanza pubblica in vista della manovra autunnale.
Non c’è dubbio. D’altro canto abbiamo ancora tutta la messa a terra del Pnrr che potrà darci qualche spinta, soprattutto l’anno prossimo. Le stime riportate dall’Economist dicono che Italia sarà il quinto Paese nel G20 per crescita nel 2022 con un +4,4%. Vuol dire che c’è un’attesa molto forte sulla nostra performance.
Tornando al problema delle strozzature dell’offerta, a causa anche della scarsità o dei prezzi delle materie prime, quando un loro prolungamento potrebbe diventare “preoccupante”?
Come dicevo prima, bisogna vedere se perdureranno nel medio termine. Dobbiamo anche considerare che quando ci sono rallentamenti che non sono determinati dalla domanda, una volta venuta meno la strozzatura il sistema riparte a piena velocità. Se dunque dopo la frenata di luglio vi fosse una ripartenza ad agosto o settembre vorrebbe dire che saremmo di fronte a un fenomeno puramente artificiale, determinato dai costi dello shipping piuttosto che dalla speculazione. Il vero problema che francamente mi pongo sulle materie prime è un altro.
Quale?
È più di lungo termine e rischia di mettere in luce un certo astigmatismo delle istituzioni Ue: se dobbiamo fare le transizioni ecologica e digitale, abbiamo le necessarie materie prime in Europa? Su questi ambiziosi programmi europei si corre il rischio di fare i conti senza l’oste. Occorrerebbe, quindi, quanto meno un piano strategico europeo per le materie prime e le tecnologie necessarie a raggiungere gli obiettivi che ci si è dati.
(Lorenzo Torrisi)
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