A Cantù i musulmani sono in cerca di un luogo dove celebrare il Ramadan, che avrà inizio il prossimo 10 marzo, ed è scoppiato il caso dopo che è stato ipotizzato di concedere loro la Chiesa di Santa Maria. La proposta, secondo quanto riportato da La Provincia di Como, è stata avanzata da Sergio Marelli, da sempre impegnato nel mondo della cooperazione internazionale e già presidente dell’Associazione delle Ong italiane, in una lettera aperta, mai non è mai stata realmente presa in considerazione né dalla comunità islamica né tanto meno da quella cristiana.
Nonostante ciò, ha scatenato l’ira della Lega. “Una proposta irrispettosa dei valori e della cultura occidentale”, l’ha definita il sottosegretario di Stato al ministero dell’Interno Nicola Molteni. “Finché le comunità islamiche non sottoscrivono le intese con lo Stato italiano, ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione, nulla è dovuto men che meno una chiesa. Ritengo dunque che sia una proposta offensiva, una provocazione irresponsabile nei confronti della città e della comunità cattolica canturina che non passerà: non abdicheremo mai ai nostri valori occidentali e a difendere i luoghi sacri della Cristianità, perché il relativismo culturale non vincerà mai”.
Ramadan, a Cantù proposta di celebrarlo in Chiesa: la replica dei musulmani
Dopo la proposta di Sergio Marelli di celebrare il Ramadan nella Chiesa di Santa Maria a Cantù e le polemiche della Lega, è arrivata la pronta risposta dell’Assalam, l’Associazione culturale islamica. “Non accetteremmo, perché abbiamo troppo rispetto per la fede cristiana”, ha affermato il portavoce Omar Bourass. “In più accettare l’offerta significherebbe fare un passo indietro”. Il problema dunque rimane. È per questo motivo che si chiede alle autorità competenti di autorizzare un luogo idoneo al più presto.
“Può essere importante che la comunità pastorale mandi un segnale forte sul diritto di culto, però quello che è importante davvero è che l’amministrazione comunale consenta che il Ramadan si possa svolgere, come sempre è stato. Non hanno bisogno di favori ma del riconoscimento dei propri diritti, in merito ai quali c’è una sentenza del Tar molto chiara”, ha commentato il legale dell’associazione, Vincenzo Latorraca.