LA CRISI DELL’OCCIDENTE E L’EMERGERE DELLA CINA (FINO AD OGGI): L’ANALISI DI FEDERICO RAMPINI
La crisi economica generale ha colpito anche la Cina negli ultimi mesi ma osservando con sguardo più amplio agli ultimi decenni si scorge come la “centralità” dell’Occidente sia via via scemata ai danni del regime illiberale comunista cinese. Intervistato da “La Verità” il giornalista Federico Rampini, inviato storico dagli Stati Uniti, prova a ribaltare il discorso “politicamente corretto” che dall’Europa agli Usa punta a costruire la narrazione culturale, sociale e politica solo su alcuni importanti temi “di nicchia” (razzismo, leggi LGBT, etc.) perdendosi invece le vere urgenze nazionali e internazionali.
Nel suo libro “La speranza africana”, Rampini riflette sulle gravi colpe e mancanze occidentali per aver lasciato che la Cina negli anni riuscisse a guadagnare molto “spazio” nelle ben 54 “afriche” presenti, ovvero gli Stati che compongono il Continente Nero: «I media occidentali raccontano l’Africa solo quando è sinonimo di tragedie, sofferenze, calamità. Le buone notizie, o anche solo le notizie “normali”, sono cancellate». Osservando il racconto che l’Occidente fa dell’Africa emerge un tema piuttosto netto secondo Rampini: «è diventata una metafora di qualcos’altro, è il terreno su cui esercitiamo il nostro sport sado-maso preferito: l’autoflagellazione. Com-passione e commiserazione verso gli africani sono funzionali ad eccitare i nostri complessi di colpa».
RAMPINI: “NON SIAMO PIÙ AL CENTRO DEL MONDO“
Sempre secondo il giornalista esperto degli States, l’atteggiamento occidentale sulla narrazione africana riflette quel senso di “euro-centrismo” per cui «Vogliamo ancora vederci al centro dell’universo. Per sentirci importanti abbiamo bisogno di credere che tutte le sofferenze dell’umanità dipendono da noi». Non solo a livello “culturale”, è proprio politico il ragionamento fatto da Rampini sullo scollamento netto che Occidente e Africa hanno allargato in questi decenni: dall’Europa agli Usa, si è guardato al Continente Nero come una mera fonte di “problemi”, sottolineando più volte gli elementi “educativi e culturali” in cui gli Stati africani siano inferiori all’Occidente. Spiega ancora il giornalista: «dopo l’11 settembre l’America ha investito più in operazioni mili- tari anti jihad ma meno sul terreno economico, lasciando spazio alla Cina. Oggi tenta di correggere gli errori. Però la sinistra radicale che condiziona l’Amministrazione Biden non aiuta».
In poche parole, Rampini sottolinea come la lobby LGBTQ in Usa esige dall’Africa «gli stessi livelli di tutele per le minoranze sessuali che esistono in California. Molti africani descrivono questo fenomeno come il nuovo imperialismo culturale americano». Il fatto è che l’Africa ormai provi molta più “simpatia” – con relativi accordi e patti stretti su vari ambiti – nella Cina che non nei Paesi occidentali: «il Grande Sud Globale guarda a Pechino perché non fanno prediche», come invece Usa ed Europa continuano imperterriti a condensare nell’evoluzione ormai dilagante di “woke culture” o “cancel culture”. «Oggi buona parte dell’Occidente», conclude Federico Rampini, è impegnato a denunciare sé stesso «come l’impero del male, anche a costo di falsificazioni storiche (nel libro racconto lo schiavismo praticato dagli africani stessi, un tabù che è proibito insegnare nelle scuole degli Stati Uniti). E questo ci condanna all’impotenza, all’irrilevanza».