Sigfrido Ranucci, giornalista e conduttore di Report, è intervenuto a “Un giorno speciale“, trasmissione di Radio Radio condotta da Antonio Guidi e Francesco Vergovich, parlando dell’emergenza sanitaria che sta investendo il nostro Paese in questa seconda ondata. Il volto di Rai Tre si è soffermato sul caos dei dati da cui dipende l’ingresso nelle zone gialle, arancioni o rosse, a seconda della gravità della situazione: “Sappiamo che la guerra grande tra regioni che devono diventare gialle o arancioni è la guerra dei dati. Se tu fai una sorta di concorso a premio come puoi immaginare che le regioni che hanno a che fare con le loro sacche imprenditoriali e di protesta non barino sui dati? (…) Lo Stato, almeno sulle cose fondamentali, dovrebbe avere la gestione complessiva dei dati. Come fai a capire che è in atto un epidemia di polmonite se non sai dove e quanti casi ci sono?“.



SIGFRIDO RANUCCI (REPORT): “VIRUS A MILANO GIA’ NEL DICEMBRE 2019”

Ma un passaggio significativo Sigfrido Ranucci lo ha riservato anche allo scoppio della prima ondata, dichiarando ciò che a molti italiani non è ancora chiaro: “Siamo stati sommersi da uno tsunami quando già eravamo pieni di Covid e non lo sapevamo, dovevamo ringraziare i cinesi che il 30 gennaio avevano scelto Roma come meta turistica. Cercavamo il virus con il link epidemiologico, in realtà eravamo pieni“. Il giornalista ha aggiunto alla sua disamina un aspetto decisivo: “Facendo un’inchiesta Giulio Valerini aveva visto che c’erano dei ricercatori italiani che avevano scoperto che il virus a Milano compariva nelle acque reflue già nel dicembre del 2019. L’ISS conserva le acque reflue per alcuni mesi, ma allora io dico: una volta che è scoppiata l’emergenza internazionale a dicembre, perché non cominciare a cercare subito nelle acque reflue se hai questa possibilità? Ponendoci queste domande uno un domani può mettere in piedi dei rimedi“. Ranucci ha poi chiosato: “Stiamo vivendo momenti di guerra. La cosa che ha fatto più male è che di fronte alle immagini delle bare di Bergamo e dei malati in terapia intensiva, di fronte alle nostre inchieste che hanno evidenziato delle difficoltà a chi aveva il compito di raddrizzarle, ho trovato il silenzio delle istituzioni. Non è una porta sbattuta in faccia a Report ma agli spettatori che pagano il canone, a tutti quei malati, i morti e a quelli che stanno soffrendo. Le stesse persone, poi, che trovano vetrine su altre parti. Questa è una cosa che mi fa male e anche un po’ schifo“.

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