Un team di ricerca della Columbia University sostiene che la rapamicina, un farmaco immunosoppressore usato per prevenire il rigetto nei trapianti d’organo, abbia la capacità di aumentare la fertilità delle donne, prolungando la loro possibilità di avere figli anche di cinque anni rispetto alla media. Lo studio, la cui sperimentazione clinica come riportato dalla CNN terminerà soltanto tra due anni, non è ancora stato sottoposto a revisione paritaria, ma i suoi primi risultati aprono a sviluppi interessanti, soprattutto in virtù del fatto che l’età in cui si cerca di diventare genitori sta progressivamente crescendo, con le problematiche che ne conseguono.
È importante ricordare infatti che circa un terzo delle coppie ha difficoltà a procreare se la donna ha più di 35 anni, età in cui la fertilità inizia a diminuire. L’età media della menopausa è infatti di 51 anni, ma questo variare ampiamente tra le donne a seconda della loro riserva ovarica. Alcune sperimentano la menopausa precoce, che avviene prima dei 45 anni, mentre circa l’1% può anche sperimentare la menopausa prematura, che si verifica al di sotto dei 40 anni. Avere a disposizione dei farmaci che possano a dilatare questo arco di tempo sarebbe fondamentale nel mondo attuale.
Cosa si sa sulla rapamicina: i precedenti studi
La scoperta che riguarda la rapamicina e la fertilità ad ogni modo non è del tutto inedita: numerosi test sui topi hanno dimostrato nel tempo che è infatti benefica per molti aspetti legati all’invecchiamento. È emerso che ha aumentato le aspettative di vita delle cavie fino al 10%. I suoi possibili utilizzi sono diversi: dal contrasto alla perdita muscolare legata all’età alla cura del cancro in virtù della capacità di di inibire il differenziamento cellulare e promuovere l’auto-rinnovamento delle cellule staminali.
È da capire, tuttavia, se il farmaco, il cui uso finora è approvato soltanto come immunosoppressore, può fare ciò che ha dimostrato di riuscire a fare sui topi anche sugli esseri umani. Lo studio della Columbia University, in tal senso, è inedito, in quanto ha coinvolto 50 donne di età compresa tra 35-45 anni, che erano perimenopausali, per comprendere se grazie a questa sostanza possono riuscire ad avere figli. Per tre mesi, le pazienti hanno ricevuto una dose settimanale di rapamicina o un placebo. La riserva ovarica è stata monitorata mediante ecografia transvaginale e diversi esami del sangue. I risultati iniziali sarebbero molto promettenti, in quanto suggeriscono che l’invecchiamento ovarico si riduce del 20%, senza effetti collaterali. Il prossimo passo è reclutare 1.000 volontarie per nuovi test.