IL RAPPORTO DEL CENSIS VERSO L’ASSEMBLEA SINODALE CEI: “SIAMO ANCORA CATTOLICI MA PIÙ INDIVIDUALISTI”

L’Italia e gli italiani si sentono ancora cattolici, anche se più per “tradizione” e “cultura” che non per effettivo livello di presenza ai sacramenti e alla vita religiosa: pesa molto un individualismo di fondo, misto alle “polemiche” aperte sul tema abusi e con richiesta di avere più coraggio nell’esprimersi sulle tematiche cruciali dell’oggi. A dirlo è l’ultimo rapporto del CENSIS, commissionato dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) in vista dell’imminente Assemblea Sinodale del 15-17 novembre 2024. Più cattolici ma anche più “individualisti” con difficoltà nel ritrovare un’esperienza quotidiana nella comunità ecclesiale: tanto i numeri offerti dal CENSIS per comprendere più da vicino quale sia il vero rapporto odierno tra Chiesa e cittadini italiani, con risultati comunque sorprendenti rispetto alla narrazione di una società “fredda” e “priva di valori”.



Ad esempio, il rapporto scopre come il 71,1% degli italiani si dicono e dichiarano cattolici, sebbene il 15,3% si definisce al contempo “praticante”: tra i fedeli cattolici pienamente praticanti, il 60,8% ritiene che la Chiesa dovrebbe essere più “aperta” al mondo, mentre resiste molto la presenza della preghiera nei più vari ambiti sociali e culturali. Quasi l’80% degli intervistati dal CENSIS ritiene tutt’altro che errato il considerare il cristianesimo e il cattolicesimo come ispirazione della propria cultura mentre, da ultimo, nel report presentato alla CEI vi è un 59% che crede nella centralità della vita eterna dopo la morte, la promessa cristiana atta e incarnata da Gesù con la Sua venuta nel mondo.



L’ASSEMBLEA DOPO IL SINODO E L’OLTRE DA INDICARE NEL DESTINO DELL’UMANITÀ

Il rapporto raccolto appena prima del Sinodo sulla Sinodalità chiusosi in Vaticano con Papa Francesco a fine ottobre, vede le interviste a 1000 adulti che confermano come una possibilità di “rilancio” della fede in Cristo è possibile e non un’utopia etero-religiosa: molti dicono di vivere interiormente la propria fede e la preghiera, ma è proprio partendo dall’intercettare tale “senso religioso” che la Chiesa ha la possibilità di testimoniare in maniera ancora più diretta il messaggio cristiano. Con il Sinodo del Papa che ha chiesto in chiusura di incontrare, ascoltare e comunicare il più possibile verso le “periferie” geografiche e umane del cuore, il rapporto del CENSIS fotografa la possibilità ancora presente per la Chiesa, sebbene anch’essa spesso “incastrata” da diatribe interne e mancanza di vitalità.



Come spiega all’Avvenire il presidente del CENSIS Giuseppe De Rita – commentando il rapporto affidato all’Assemblea Sinodale della CEI – la zona grigia della Chiesa moderna è il risultato di un individualismo che impera purtroppo nell’epoca contemporanea, anche ben al di fuori dagli ambiti religiosi: «la Chiesa fatica ad indicare un “oltre”», un fine ultimo al destino di ognuno di noi. Se nel corso della storia italiana la “sposa di Gesù” ha sempre indicato un “quid” verso cui guardare, negli ultimi tempi sembra sempre più complesso comprendere e comunicare quel “oltre” verso cui procedere e da cui tutto procede. De Rita ribadisce concretamente come non basta riuscire a convincere l’uomo moderno di sostituire un “noi” ad un “io imperante”, serve infatti capire verso cui questo “noi” (inteso come comunità cristiana, come Chiesa) procedere. Serve andare «oltre l’io» conclude il n.1 del CENSIS.

Riconoscere, come fanno gli italiani intervistati, che la devozione alla Madonna e le parole di Gesù fanno parte della tradizione del nostro Paese non basta per capire l’attualità e la convenienza umana della fede: si fatica a credere in perdono, misericordia e giudizio finale del Signore. Secondo De Rita, questo avviene perché l’umanità di oggi si ritrova “impossessata dal peccato e non riesce a liberarsene più”, o meglio, non crede che l’azione misericordiosa del Signore tramite lo Spirito Santo e la Chiesa possa realmente liberare da ogni colpa. Incontrare maestri e testimoni, comprendere la natura di fedeltà e perdono che è Cristo per ognuno di noi è la vera sfida ancora oggi, tanto di duemila anni fa, per capire la centralità del cristianesimo non tanto come “religione” ma come vera esperienza di verità.