La tutela dei sindacati è fondamentale per la stragrande maggioranza dei giovani lavoratori (69%). Una cifra che sale al 71% tra le nuove professioni digitali e arriva al 75% tra gli under 25 e le donne. Quasi la metà dei giovani lavoratori (42%), infatti, denuncia di trovarsi ad affrontare criticità e problematiche nell’attuale contesto professionale (percentuale che sale al 55% proprio per i lavoratori digitali).



È quanto emerge dal Rapporto realizzato dal Consiglio Nazionale del Giovani in collaborazione con Eures dal titolo: “Nuove professioni e nuove marginalità. Opportunità, lavori e diritti per i giovani del terzo millennio”. Lo studio parte da un’analisi delle grandi trasformazioni dei processi produttivi degli ultimi anni, in particolare l’automazione e la digitalizzazione, che stanno profondamente ridisegnando il mercato del lavoro e la domanda di competenze.



Da un’analisi degli annunci di lavoro, emerge come il titolo o il testo declinino nella maggior parte dei casi al maschile il profilo richiesto, laddove per questo non sia utilizzato un termine anglofono (come “social manager” “web designer”, “promoter”) o ambigenere (“consulente” o “agente”). Più in particolare, il termine “addetto” è declinato al maschile nel 75% degli annunci (18 su 24), nel 21% dei casi, correttamente, è usata la doppia desinenza (“addetto/a”) e in un solo caso è presente soltanto al femminile (“addetta”). Analoga la situazione per gli annunci per “operatore”, “tecnico” e “venditore”.



“Le nuove professioni hanno aperto a vecchie e nuove marginalità che colpiscono soprattutto i giovani e, tra questi, le donne che rappresentano una componente particolarmente vulnerabile dell’offerta di lavoro”, ha dichiarato Maria Cristina Pisani, presidente del CNG. “I dati indicano, infatti, come in Italia tra gli under 35 solo il 32% gode di un contratto ‘stabile’, mentre il restante vive di lavoro precario che non permette la propria realizzazione personale e professionale e non conduce verso una vita autonoma. Un dramma che colpisce le nuove generazioni, sia a causa di retribuzioni mediamente più basse rispetto a quelle degli over 35, sia per l’indice di occupazione pari al 41% contro il 58% complessivo e l’indice di disoccupazione che raggiunge il 18% contro il 9,5% della media europea. E ancora una volta, le donne sono le più colpite, costrette a fare i conti con la discriminazione di genere sin da subito, negli annunci di lavoro, in cui la declinazione al femminile non viene quasi mai utilizzata, se non per mansioni come segretaria, a dispetto della legge 903/77 che vieta qualsiasi forma di discriminazione nell’accesso al lavoro anche nei requisiti di preselezione. È per questo indispensabile mettere in campo tutti gli strumenti necessari per invertire questa tendenza.”

Dallo studio si rileva, poi, che se oltre la metà dei lavoratori (54%) ritiene di essere pagato in misura complessivamente consona rispetto al lavoro svolto, una percentuale di poco inferiore (46%) esprime l’opinione contraria, ritenendo di ricevere una retribuzione inadeguata. Se infatti circa un giovane lavoratore su due (48%) percepisce una retribuzione fissa mensile, nella maggior parte dei casi si tratta di compensi in tutto o in parte variabili, che difficilmente possono sostenere la costruzione di progetti di vita o investimenti a medio-lungo termine. Le maggiori criticità si registrano, in particolare, tra i giovani lavoratori delle professioni digitali, tra i quali è maggioritaria la denuncia di un lavoro “sottopagato” (52%) mentre, sul fronte opposto, è “soltanto” il 37% dei lavoratori “qualificati” del terziario a condividere tale giudizio.

Per poco più di quattro giovani intervistati su dieci (43%), infatti, la retribuzione mensile è inferiore a 1.000 euro, solo un terzo dei giovani (33%) riceve una retribuzione più dignitosa, compresa cioè tra 1.000 e 1.500 euro, mentre meno di uno su quattro (il 24%) supera i 1.500 euro netti mensili.

“L’analisi evidenzia in maniera plastica la debolezza contrattuale dei giovani già al momento della ricerca del rapporto di lavoro: comunicazioni omissive o completamente disattese al colloquio sia in termini di impegno orario che di livelli retributivi”, ha concluso Alessandro Fortuna, Consigliere di presidenza del CNG. “Registriamo, poi, offerte di lavoro sotto la soglia di povertà e retribuzioni che, insieme alla precarietà diffusa, demotivano i ragazzi e le ragazze e non consentono alcun progetto di vita o investimenti a medio-lungo termine. È qui la causa dei tassi di denatalità del nostro Paese. Una mortificazione dei giovani che si traduce anche nel disallineamento tra percorso di studi e competenze richieste che troppe volte spinge i ragazzi a formarsi privatamente e li costringe a fare una scelta obbligata di fronte alla prima, o peggio unica, offerta utile. È l’ennesima testimonianza dell’urgenza di mettere all’agenda del Paese azioni concrete per dare risposte strutturali alle generazioni che più di tutte hanno pagato a caro prezzo la pandemia e le trasformazioni in corso dei lavori e del mercato”.