Nei primi sei mesi 2021 le imprese hanno offerto 560.000 posti
Nel 30% dei casi difficile o impossibile trovare candidati
Le aziende hanno ripreso ad assumere, con circa 560.0000 offerte nei primi sei mesi del 2021. Ma in quasi un terzo delle ricerche faticano o non riescono a trovare personale qualificato. E per 84.000 figure ad alta specializzazione, 1 caso su 6, non si presentano candidati. È quanto emerge dal Rapporto 2021 della Fondazione per la Sussidiarietà, in collaborazione con CRISP – Centro di Ricerca – Università di Milano Bicocca, sul lavoro sostenibile, presentato oggi a Roma al Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro.
“Il lavoro oggi è sempre più un percorso e meno un posto”, osserva Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, “Tutte le professioni stanno rapidamente cambiando, a ritmi mai visti prima. La ripresa economica va sostenuta e rafforzata. Il lavoro deve tornare ad essere la priorità attraverso politiche attive che favoriscano la mobilità e la formazione continua”.
Le offerte di lavoro sono concentrate sul web. Dal 2015 al marzo 2021 sono stati circa 2 milioni 650.000 le ricerche online su oltre una ventina di portali che aggregano annunci di lavoro in modo continuativo (fonte: Wollybi – Burning Glass Europe, elaborazione Crisp).
L’analisi della Fondazione per la Sussidiarietà e del Crisp conferma il divario geografico nella Penisola. Nel 2020 quasi tre quarti delle posizioni ricercate su Internet riguardavano posti al nord (74%), il 15% nel centro e solo l’11% nel sud e isole.
In base all’esame delle aree su cui si focalizzeranno i maggiori investimenti pubblici, anche attraverso i fondi europei, il Rapporto individua 8 settori che dovrebbero creare nuovi posti di lavoro nei prossimi anni: energia; infrastrutture di trasporto e soluzioni di mobilità sostenibile; ambiente; bioeconomia (agricoltura e pesca sostenibile); telecomunicazioni, tecnologie e servizi digitali; ricerca, sviluppo e innovazione; turismo; economia sociale (formazione, assistenza, cultura, sanità).
Il Rapporto fotografa poi alcuni limiti storici del mercato del lavoro italiano, con la difficoltà nel creare nuova occupazione e la rigidità del sistema. In dieci anni, dal 2011 al 2020, in Italia il tasso di occupazione delle persone da 15 a 64 anni è salito di poco, passando dal 56,8% al 58,1% (fonte Eurostat). Nell’Unione Europea è invece cresciuto dal 63,4% al 67,6%. In Germania l’indice è balzato dal 72,7% al record del 76,2% a fine 2020. La Spagna è passata dal 58,0% al 60,9% e la Francia dal 63,9 al 65,3%.
Nella Penisola nel 2020 solo 2 lavoratori su 100 hanno cambiato impiego, contro i 3 di Francia e Spagna e i 5 della Danimarca (fonte Eurostat). Fra le maggiori economie europee, a fine 2020 l’Italia conservava il record di Neet, giovani che non studiano e non lavorano: circa il 23,3% (Eurostat). Quasi il doppio rispetto alla media europea (13,7%) e molto superiore a Germania (8,6%), Francia (14,0%) e Spagna (17,3%).
“È in atto una rivoluzione digitale che investe anche il mondo del lavoro”, ha dichiarato Anna Ascani, Sottosegretario per lo Sviluppo Economico, “Il Governo ha un duplice compito: garantire infrastrutture digitali che forniscano alle imprese strumenti per essere competitive e favorire l’inclusione sociale, attraverso la creazione di competenze, preziose per le persone e per le aziende”.
“L’impatto della crisi sull’occupazione è stato particolarmente grave, nonostante il ricorso massiccio agli ammortizzatori della CIG e il blocco dei licenziamenti”, ha osservato Tiziano Treu, Presidente del Cnel, “Per la ripresa non bastano rimedi parziali. Non basta riformare gli ammortizzatori sociali, come pure è necessario per garantire una rete adeguata di sicurezza a tutti i lavoratori qualunque sia il loro status contrattuale. Occorre un cambio di rotta che affronti le radici della nostra debolezza occupazionale con interventi strutturali che diano effettiva centralità al lavoro e alla sua qualità. Servono misure innovative e organiche di politica economica”.
“Come abbiamo indicato nel nostro Rapporto annuale la perdita di occupati determinata dalla crisi è stata di 915mila unità e il livello minimo si è toccato a gennaio”, ha ricordato Gian Carlo Blangiardo, Presidente dell’Istat, “Nei mesi successivi abbiamo visto un moderato recupero e a fine maggio abbiamo registrato 180mila occupati in più rispetto a inizio anno. L’emergenza sanitaria ha penalizzato di più i settori dei servizi a prevalenza femminile ma in seguito questa componente è riuscita a recuperare, sia pur parzialmente. In prospettiva non mancano segnali positivi: la quota di imprese che hanno assunto nuovo personale tra marzo e maggio è passata dall’1,8% al 4,3%; sono segnali che fanno ben sperare. L’altra dinamica importante da seguire nei mesi a venire riguarderà gli sviluppi del lavoro agile: la quota di lavoratori in smart working nelle imprese che lo hanno attivato è passata dal 5% del periodo pre-covid al 47% dei mesi di lockdown di marzo-aprile, per assestarsi intorno al 30% da maggio in avanti”.
“Come evidenzia bene il Rapporto”,, ha affermato Luigi Sbarra, Segretario Generale Cisl, “il mercato del lavoro subisce da anni potenti forze centrifughe, ulteriormente amplificate dagli effetti della crisi pandemica. L’occupazione è sempre più polarizzata, frammentata, precaria. Bisogna imparare dagli errori del passato e costruire nuovi strumenti di protezione e di promozione della persona che lavora o cerca lavoro, affidare la regolazione lavoristica alla buona adattività delle relazioni industriali, combattere lo skill mismatch promuovendo la formazione come diritto soggettivo e varando un grande piano sulle competenze digitali. E poi ammodernare e rendere universali gli ammortizzatori sociali, collegandoli a una rete di politiche attive che tuteli ogni persona durante le transizioni occupazionali non lasciandola mai priva di riqualificazione, sostegno al reddito, orientamento nel sistema produttivo. La sussidiarietà della contrattazione, della bilateralità e delle agenzie del lavoro può dare un contributo formidabile a questo scopo. Ci aspettiamo che il Governo muova subito passi coerenti, riavviando l’assegno di ricollocazione, potenziando i centri per l’impiego, rilanciando ITS, consolidando apprendistato e alternanza scuola-lavoro, esaltando Fondi Interprofessionali. Sullo sfondo resta infine l’urgenza di sbloccare gli investimenti per creare nuovo lavoro di qualità, stabile e ben contrattualizzato. Fondamentale sarà l’utilizzo delle risorse del PNRR e l’implementazione delle riforme collegate: bisogna lavorare insieme alle Parti Sociali, secondo uno spirito autenticamente concertato”.
Qui il comunicato completo e le tabelle allegate