Per chi si interessa di problemi del lavoro, delle prestazioni sociali, dei sistemi pensionistici e di welfare i rapporti annuali dell‘Inps costituiscono una fonte di saperi e di informazioni meritevole di un esame universitario. Gli argomenti, i dati e le statistiche che vengono pubblicati aprono scenari di riflessione politica ed economica e forniscono ampie indicazioni di policy, proprio perché consentono la verifica, gli effetti e il monitoraggio delle politiche predisposte e attuate. 



Nel passato l’Inps si limitava presentare i bilanci preventivi e consuntivi ovvero l’ossatura della gestione. In questo modo emergeva subito lo stato di salute della “fabbrica delle pensioni”, gestione per gestione. Se c’è un rilievo da fare ai Rapporti di nuovo conio è proprio questo: per trovare i dati finanziari e gestionali bisogna andarli a cercare con pazienza e accontentarsi di quanto “passa il convento”. Per farle breve nel XXI Rapporto, relativo all’anno 2021, presentato ieri in forma solenne, è necessario armarsi di pazienza fino ad arrivare a pag. 422, dove vengono riprodotti in sintesi i principali dati del bilancio. 



La gestione finanziaria di competenza dell’esercizio 2021 chiude con un avanzo di 2.057 mln, quale differenza tra 486.173 mln di accertamenti e 484.116 mln di impegni, per effetto dei saldi: di parte corrente (1.610 mln); in conto capitale (447 mln). 

La gestione finanziaria di cassa presenta un differenziale positivo di 9.529 mln, quale risultante di riscossioni per 477.978 mln e pagamenti per 468.449 mln. Le principali voci delle riscossioni sono costituite per: 249.170 mln da riscossioni della produzione, al netto delle partite di giro; 142.306 mln da trasferimenti correnti dello Stato per il finanziamento delle prestazioni a carico del bilancio dello Stato, fra le quali quelle stabilite dall’art. 37 della Legge n. 88/89, quelle destinate agli invalidi civili, nonché le altre misure disposte dalle norme per il finanziamento di prestazioni di inclusione sociale, sostegno del reddito e sostegno alla famiglia; 12.085 mln dalle anticipazioni a carico del bilancio dello Stato per anticipazioni al fabbisogno alle gestioni previdenziali. 



In particolare, per l’anno 2021, le anticipazioni a carico del bilancio dello Stato hanno garantito la copertura del fabbisogno di cassa dell’Istituto, pari complessivamente a 2.557 mln. Di conseguenza, la variazione in aumento delle disponibilità liquide è stata contenuta in 9.529 mln. 

Sul piano economico-patrimoniale (è questo il dato più significativo), l’esercizio 2021 chiude con un risultato economico negativo pari a 3.711 mln, in miglioramento di 21.489 mln rispetto al 2020, quando il risultato di esercizio è risultato pari a -25.200 mln. Per effetto del risultato economico negativo, il patrimonio netto alla fine dell’esercizio passa da 14.559 mln (31/12/2020) a 10.848 mln (31/12/2021).

Per quanto riguarda le entrate correnti, quelle contributive sono risultate pari a 236.893 mln, con un aumento di 11.742 mln (+5,2%) rispetto al dato accertato nel rendiconto dell’esercizio precedente (225.150 mln). L’incremento è in gran parte ascrivibile alla ripresa delle attività produttive successiva alla contrazione verificatasi nell’esercizio 2020 per effetto della pandemia COVID-19. Infatti, l’ammontare delle entrate contributive nell’anno pre-pandemia 2019 era pari a 236.211 mln rispetto a 236.893 mln del rendiconto 2021 (+682 mln).

I trasferimenti correnti ammontano a complessivi 144.945 mln con un decremento di 243 mln sui corrispondenti dati del 2020 (145.189 mln). Si riferiscono per 144.789 mln ai trasferimenti dallo Stato, di cui 144.215 mln destinati alla Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (GIAS), e per 156 mln ai trasferimenti da altri Enti del settore pubblico. La ripresa intervenuta nel 2021 ha prodotto i suoi effetti anche sulle misure volte a sostenere le imprese e gli operatori economici, interessati da provvedimenti di sospensione, riduzione o interruzione dell’attività lavorativa, hanno ridimensionato la loro portata, con un valore complessivo di 11.509 mln, rispetto ai 18.023 mln del 2020. 

A tal proposito gli oneri sostenuti dall’Istituto per erogare trattamenti di Cassa Integrazione o assegno ordinario a carico dello Stato con la causale Covid-19 si sono attestati sui 3.566 mln. Per gli interventi di Cassa Integrazione in Deroga, destinata a lavoratori non protetti dagli ordinari strumenti di tutela, sono stati accertati oneri per complessivi 3.417 mln. Questi oneri per le integrazioni salariali, oggetto di rifusione all’Istituto, sono comprensivi della copertura figurativa, volta a mantenere alimentato il conto assicurativo del beneficiario durante il periodo di inattività. Le indennità destinate a lavoratori del settore dello spettacolo e del turismo, agricoli, stagionali, intermittenti e altre categorie non coperte da altri interventi, sono risultate complessivamente pari a 2.323 mln. Altri 2.203 mln hanno riguardato il Reddito di emergenza, introdotto per garantire un reddito ai nuclei familiari in condizione di difficoltà. Un ragguardevole aumento di spesa si è manifestato con riguardo ai provvedimenti finalizzati a concedere esoneri e agevolazioni contributive, al fine di favorire un rilancio dell’attività produttiva nei settori maggiormente colpiti dalla crisi pandemica. Gli oneri sostenuti per gli sgravi introdotti nel periodo successivo allo scoppio della pandemia sono stati pari a 4.162 mln, rispetto ai 2.158 mln del 2020. I più rilevanti si riferiscono allo sgravio contributivo del 30% per i datori di lavoro la cui sede è collocata nelle aree svantaggiate del Mezzogiorno (2.995 mln) e all’esonero parziale dal versamento dei contributi dovuti dai lavoratori autonomi.

Il totale delle uscite correnti è pari a complessivi 384.772 mln con un incremento di 7.896 mln (+2,1%) sul corrispondente dato del 2020 (376.877 mln). Su tale aggregato incidono le spese di funzionamento per 2.373 mln e quelle per prestazioni istituzionali per 359.843 mln sostanzialmente in linea con l’esercizio precedente; si registra, infatti, un lieve incremento di 326 mln (359.517 nel 2020). Il rapporto però mette in evidenza che se la somma è più o meno la medesima dell’anno precedente, mutano tuttavia gli addendi in ragione delle differenti esigenze poste nei due anni considerati. Infatti, analizzando il dettaglio della spesa, si evince che le prestazioni a sostegno del reddito, nel complesso, hanno registrato una diminuzione di 9.188 mln rispetto al 2020, dovuto in larga misura a una diminuzione dei trattamenti di disoccupazione (-1.956 mln), dei Bonus Covid-19 (-3.678 mln) e dei trattamenti di integrazione salariale a carico dello Stato (-1.487 mln) e a carico dell’Istituto (-2.756 mln). 

A fronte della forte contrazione delle prestazioni a sostegno del reddito nel confronto 2021/2020, l’andamento della spesa pensionistica, invece, prosegue il trend strutturale di aumento annuale per effetto combinato della composizione demografica della popolazione, di aumento degli importi medi delle pensioni e di “Quota 100”. Peraltro, nel 2021 si sono dispiegati gli effetti dell’estensione agli invalidi civili, ricompresi nella fascia d’età tra i 18 e i 60 anni, della maggiorazione prevista dalla legge fin dal 2001. Nel complesso, l’incremento nel 2021 sul 2020 è pari a 4.905 mln, mentre sul 2019 è pari a 11.308 mln. 

Le pensioni ammontano complessivamente a 273.959 mln (comprensivi di 57.151 mln di trattenute fiscali) rispetto ai 269.055 mln del precedente esercizio. Anche per il segmento dell’inclusione sociale si nota un innalzamento dell’onere pari a 3.348 mln, principalmente per variazioni di eguale segno del Reddito e Pensione di cittadinanza (+1.673 mln rispetto al 2020 e +5.046 mln rispetto al 2019) e del Reddito di emergenza, non presente nel 2019 e pari a 2.203 nel 2021 con un incremento di 1.378 rispetto al rendiconto 2020. 

I trattamenti a favore della famiglia non variano significativamente nel totale, pur con un andamento crescente. Si è modificata, invece, la composizione degli stessi. Infatti, gli assegni al nucleo familiare sono aumentati di 1.488 mln rispetto al 2020, principalmente per effetto dell’introduzione dell’assegno temporaneo ai lavoratori autonomi e ai disoccupati e alla maggiorazione dell’importo degli ANF erogati di cui al D.L. n. 79/2021. Sono, invece, diminuite le prestazioni dovute al Covid-19 (Bonus baby-sitting e congedi parentali Covid-19).

Le pensioni rappresentano sempre la “croce e delizia” dell’Inps e del cuore degli italiani. Al 31 dicembre 2021 i pensionati sono circa 16 milioni, di cui 7,7 milioni di maschi e 8,3 milioni di femmine. L’importo lordo delle pensioni complessivamente erogate è di 312 miliardi di euro. Sebbene rappresentino la quota maggioritaria sul totale dei pensionati (il 52%), le femmine percepiscono il 44% dei redditi pensionistici, ovvero 137 miliardi di euro contro i 175 miliardi dei maschi. L’importo medio mensile dei redditi percepiti dagli uomini è superiore a quello delle donne del 37%.

Dei pensionati italiani, il 97% circa percepisce almeno una prestazione dall’Inps e ha un reddito lordo mensile medio di circa 1.640 euro. Il restante 3% non beneficia di nessuna prestazione da parte dell’Inps, ma percepisce rendite Inail o pensioni di guerra o ancora pensioni da Casse professionali, Fondi pensione e Enti minori. I trattamenti previdenziali, ovvero le pensioni di anzianità/anticipate, vecchiaia, invalidità e superstite, assorbono il 92% della spesa, mentre quelli assistenziali, ovvero le prestazioni agli invalidi civili e le pensioni e gli assegni sociali, il restante 8%. La voce che incide di più sulla spesa sono le pensioni di anzianità/anticipate con il 56% del totale, seguite dalle pensioni di vecchiaia che assorbono il 18% e dalle pensioni ai superstiti che assorbono il 14%. Le prestazioni agli invalidi civili rappresentano il 7% del totale; per ultime ci sono le pensioni di invalidità e le pensioni e assegni sociali che rappresentano rispettivamente il 4% e il 2%. 

Le pensioni di anzianità/anticipate rimangono quelle di importo più elevato, 1.989 euro mensili in media rispetto ai 1.061 euro di quelle di vecchiaia e agli 800 euro di quelle di invalidità e ai superstiti. Gli importi medi delle prestazioni assistenziali sono più bassi, e si attestano intorno ai 470 euro mensili. Nel 2021, le prestazioni di tipo previdenziale erogate dall’Inps sono state per il 48% a carico del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, con un importo lordo medio mensile di circa 1.200 euro; il 30% a carico della Gestione Lavoratori Autonomi e Parasubordinati (importo medio di 800 euro) e il 18% a carico della Gestione Lavoratori Pubblici (importo medio di 1.950 euro), senza variazioni di rilievo rispetto all’anno precedente.

Nel complesso – certifica il XXI Rapporto – negli ultimi vent’anni l’importo medio lordo annuo dei trattamenti pensionistici è cresciuto del 2,9% all’anno. L’incremento è legato in parte alla crescita dei salari nominali che, nel periodo considerato, si è comunque attestata di poco sotto al 2% all’anno, e soprattutto all’attuazione delle riforme che hanno allungato la vita lavorativa. Il numero dei pensionati si è invece stabilizzato nell’ultimo quinquennio dopo la flessione iniziata nel 2008 quando le riforme avviate a fine anni Novanta hanno cominciato a mostrare i propri effetti sullo stock dei trattamenti vigenti. Nel decennio 2012-2021, tale flessione ha comportato un risparmio teorico medio annuo di circa 11 miliardi di euro.

Dall’analisi delle differenze di genere nelle classi di reddito, tenendo sempre conto di tutte le prestazioni previdenziali erogate da Inps, si rileva che le femmine sono più numerose rispetto ai maschi nelle classi di reddito pensionistico più basso (fino a 1.500 euro mensili), mentre la situazione si inverte in quelle di reddito più elevato (oltre i 1.500 euro mensili). Nell’ultima classe (oltre i 3.000 euro mensili) i maschi rappresentano il 70% dei percettori.

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