“Il rapporto tra bambini e tecnologia è stato stravolto dalla pandemia di Covid-19”. Ad affermarlo, in una intervista a La Repubblica, è stato Paolo Ferri, docente docente di “Teoria e tecnica dei nuovi media” all’università Bicocca di Milano nonché autore del libro “Nativi Digitali”. A sostegno del suo parere ci sono i dati Officom del 2021, rilasciati nei giorni scorsi dalla Bbc, secondo cui dopo l’avvento del virus l’uso degli smartphone tra i più piccoli è aumentato a dismisura.
I bambini tra 1 e 5 anni che possiede uno smartphone ad uso esclusivo è il 14,5% (nell’anno precedente erano il 9,2%), con la percentuale che sale al 58,4% per quel che riguarda coloro che hanno tra i 6 e i 10 anni (nell’anno precedente erano il 23,5%). Nella fascia successiva si arriva addirittura a oltre il 90%. “È la parola possesso che costituisce il campanello d’allarme ed è una diretta conseguenza della pandemia. Prima del lockdown e della didattica a distanza, almeno nella fascia della scuola primaria, erano i genitori a dare il loro telefono ai figli, mantenendone in un certo senso il controllo. Nel 2020 è cambiato tutto”, ha evidenziato l’esperto.
“Rapporto tra bambini e tecnologia stravolto”. Il commento di Paolo Ferri
Paolo Ferri, nell’analizzare come il rapporto tra i bambini e la tecnologia sia stato stravolto a causa della pandemia di Covid-19, ha evidenziato anche quelli che sono i rischi del fenomeno. “Siamo di fronte a una vera emergenza perché né a scuola né in famiglia si educa all’uso del mezzo. Del resto i primi a utilizzare i cellulari in modo scorretto sono gli adulti, le madri allattano e i padri danno il biberon guardando lo smartphone, chattano in continuazione e passano il tempo sui social. È evidente che questa è una cattiva educazione digitale”.
L’età corretta per avere il primo cellulare, secondo l’esperto, è tra i 12 e i 14 anni, ma ormai è probabilmente troppo tardi per tornare indietro. È, comunque, il momento giusto per educare i più piccoli e le loro famiglie, soprattutto all’utilizzo dei social network. “Lì accade di tutto, lo sappiamo, dalla mistificazione della realtà al cyberbullismo. Contenuti che di certo un bambino non riesce a decodificare da solo”, ha concluso.