La Russia di Putin viaggia speditamente verso il default, termine tecnico con il quale si definisce lo stato di insolvenza nel quale cui viene a trovarsi un determinato soggetto, che sia un’impresa o un Paese, che a un certo punto non riesce più a onorare i debiti contratti, in termini di pagamento degli interessi e/o di rimborso del capitale.  Quali potrebbero essere le tappe di avvicinamento a questo scenario a dir poco catastrofico per la nazione sovietica? A fare un rapido riepilogo della situazione è “La Repubblica”, che fissa le tappe e indica le scadenze.



Innanzitutto, per capire se effettivamente la Russia andrà in default, si dovrà assistere al primo banco di prova il prossimo 16 marzo, quando Mosca “dovrebbe rimborsare cedole per 107 milioni di dollari su due obbligazioni”, mentre per ciò che concerne il capitale “sono previsti un rimborso da 359 milioni di dollari per la fine del mese e uno più massiccio da 2 miliardi di dollari per il 4 aprile”. Il quotidiano fa ancora presente che, tenendo conto dei cosiddetti “periodi di grazia” previsti, “il 15 aprile potrebbe essere la prima data per comprendere se ci sarà o meno insolvenza. È infatti il giorno in cui scade il periodo di grazia di un mese collegato ai rimborsi delle cedole di metà marzo”. (aggiornamento di Alessandro Nidi)



NUOVI TAGLI AL RATING DELLA RUSSIA

Dopo Moody’s e Standard & Poor’s anche Fitch ha declassato il rating della Russia portando Mosca sempre più vicino all’incubo “default”: stamane l’agenzia di rating internazionale ha tagliato da “B” a “C” il valore della Russia, definendola senza ombra di dubbio “near default”.

A causa delle sanzioni lanciate negli ultimi giorni dall’Occidente contro l’economia russa – per via della guerra in Ucraina – il rischio che possa davvero avvicinarsi al default completo “l’orso russo” è quanto mai probabile. «Il rating C riflette l’opinione di Fitch secondo cui un default sovrano è imminente», spiega la nota di Fitch, seguito di quanto già partorito il 2 marzo scorso quando la stessa Russia era stata declassata a B”/Rating Watch Negative. L’ultimo annuncio degli Usa sull’embargo a gas e petrolio russo ha convinto Fitch a lanciare il rating più “duro”, trascinando il valore del mercato di Mosca ai minimi storici. Fitch punta infinte il dito contro il decreto presidenziale del 5 marzo che potrebbe potenzialmente imporre una «ridenominazione dei pagamenti del debito sovrano in valuta estera in valuta locale» per i creditori in determinati Paesi. Infine, più in generale, conclude l’agenzia di rating «l’ulteriore inasprimento delle sanzioni e delle proposte che potrebbero limitare il commercio di energia, aumentano le probabilità di una risposta politica da parte della Russia che includa almeno il mancato pagamento selettivo dei suoi obblighi di debito sovrano».



DEFAULT RUSSIA, COSA POTREBBE SUCCEDERE

Il default della Russia – tecnicamente, il fallimento dello Stato – è lo scenario sicuramente peggiore possibile per Mosca, assieme al pacchetto di sanzioni sempre più dure che costringono l’economia (pur in alleanza strategica con la Cina) a immaginare un futuro nefasto. L’accelerazione per condurre una pace più “rapida” con l’Ucraina potrebbe essere un primo immediato effetto “positivo”, ma nell’attesa di capire se ciò avverrà occorre interrogarsi su quali siano le potenziali conseguenze del possibile default in terra russa. Il Corriere della Sera segnala come imminenti le scadenze economiche russe: «Il 16 marzo scadono 117 milioni di dollari relativi a una cedola, il 21 marzo 66 milioni, il 28 scadono 102 milioni, il 31 altri 447 milioni per un totale di 732 milioni di dollari». Dalla crisi della Grecia e ancora prima dai credit default swap della crisi subprime americana il termine “default” non veniva rispolverato: il blocco delle riserve auree attuato dagli Usa contro la Russia oltre al vasto pacchetto di sanzioni lanciato dall’Occidente hanno portato al bloccaggio di più della metà delle riserve depositate in paesi esteri (tranne in Cina dove rimane solida l’alleanza). La Russia sanzionata ha già promesso con Putin che pagherà in rubli i “creditori cattivi”: il problema è che se agli investitori esteri cominciassero ad arrivare rubli anche su bond che «prevedono il rimborso solo in dollari, o euro», sottolinea il focus di QN Economia, «potrebbe essere l’inizio di un terremoto finanziario ancora più grande di quanto sta già accadendo». Conseguenze per la Russia, ma non solo, tenuto conto che molti dei titoli di stato sono in mano a Paesi occidentali (senza considerare «l’esposizione delle società americane o europee su asset azionari russi», rileva il CorSera). Gli interventi della Banca Europea con forte liquidità potrebbe ridurre i rischi nel breve termine senza però avere rassicurazioni sul medio-lungo periodo. Non solo, sono le contromosse dell’orso “ferito” a spaventare Europa e Stati Uniti (in minor parte): Putin ha infatti già minacciato di chiudere i rubinetti del gas da cui dipende ancora moltissimo l’Europa, qualora la crisi economica derivata dalle sanzioni lo costringesse. Una crisi energetica su larga scala è proprio quanto di più devastante potrebbe colpire l’Europa (e l’Italia) già “azzoppata” dalla crisi Covid degli ultimi due anni…