Caro direttore,
l’ultimo mio incontro con papa Benedetto avvenne in data 28 giugno 2020, vigilia del 70esimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Provato nel fisico, il pontefice era nondimeno radioso. Ricordava il giorno della sua ordinazione sacerdotale ed era lieto e grato per la scelta compiuta, per la vocazione che gli era venuta dal Signore. Un paio di anni prima mi aveva chiesto di tradurre e far conoscere in Italia il suo articolo Grazia e chiamata senza pentimento, che trattava del rapporto tra ebrei e cristiani e che è riportato nel volume Che cos’è il Cristianesimo. L’articolo era stato criticato da alcuni teologi cattolici della Germania perché, a loro avviso, era di intralcio al dialogo tra ebrei e cristiani. L’accusa cominciava a diffondersi anche in Italia e questo causava una grande sofferenza al pontefice, da sempre fautore di un rapporto privilegiato tra gli eredi della prima alleanza e i cristiani membri della nuova alleanza tra l’uomo e Dio inaugurata da Gesù. Benedetto mi chiedeva, dunque, di tradurre e far conoscere in Italia il suo articolo. Svolsi il compito che mi era stato affidato, favorito anche dal fatto che nel frattempo il rabbino capo di Vienna aveva preso le difese di papa Benedetto. Decisi allora di raccogliere in volume i due articoli di papa Benedetto e del rabbino capo di Vienna seguiti dal successivo scambio epistolare intercorso tra i due esponenti religiosi. Il libro fu all’origine di un bel gesto di dialogo interreligioso al punto che alla presentazione della piccola opera presso l’Università Lateranense a Roma erano presenti mons. Gänswein, che portò il saluto di papa Benedetto, Arie Folger, rabbino capo di Vienna, Riccardo di Segni, rabbino capo di Roma e Renzo Gattegna, già presidente dell’Unione delle comunità ebraiche in Italia.
Chiesi poi udienza a papa Benedetto per informarlo di questi eventi e nell’occasione gli chiesi: “Perché non mettiamo insieme tutti i testi pubblicati da quando da emerito risiede nel monastero di Mater Ecclesiae?”. Non mi rispose subito Ratzinger. Dopo qualche tempo, tuttavia, mi diede il suo assenso. Nell’incontro di cui parlavo all’inizio mi consegnò la raccolta di testi che sono all’origine di Che cos’è il Cristianesimo, accompagnati da una raccomandazione. Il testo che gli stava più a cuore era quello sul sacerdozio cattolico. Il papa mi spiegava che aveva lavorato intensamente a questo testo, era contento del risultato cui era giunto e mi chiedeva di raccomandarne la lettura ai sacerdoti. Gli stava a cuore in modo particolare la preghiera che il sacerdote recita nel canone secondo della Messa subito dopo la consacrazione: “Ti preghiamo per averci ammesso alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale”. In latino Astare coram te, che alcuni liturgisti erano propensi a tradurre: stare in piedi davanti a te. Questa traduzione per il papa era banale. La preghiera è, invece, importante perché il sacerdote non è solamente l’uomo della cura d’anime, ma è anzitutto l’uomo di Dio, l’uomo che sta alla sua presenza e intercede per i suoi fedeli. In questo modo anche la sua cura d’anime diventerà più efficace. Che cos’è il cristianesimo è così l’ultimo dono di papa Benedetto ai sacerdoti e ai cristiani.
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