LE PREDICHE DI BENEDETTO XVI PER LA SANTA PASQUA E IL “RAPPORTO” CON IL NATALE

È la seconda Pasqua del Signore senza più Papa Ratzinger eppure del più grande teologo cattolico dell’ultimo secolo se ne avverte ancora pienamente la mancanza: con lodevole iniziativa, “Il Giornale” quest’anno ha messo in luce alcune delle prediche più interessanti di Benedetto XVI relative alla Santa Pasqua, ponendo un’ideale “ponte” tra la catechesi tanto “somma” quanto semplice di Ratzinger con l’attuale testimonianza di Papa Francesco, Pontefice affaticato dalle fatiche fisiche ma indomito comunicatore della vittoria di Cristo sulla morte.



In rapporto alle due più grandi feste cristiane, il Natale e la Pasqua, Ratzinger aveva un’opinione molto netta che più volte ha voluto sottolineare nei suoi discorsi, come evidenzia bene Nico Spuntoni sul “Giornale”: «l’Incarnazione e la nascita di Gesù ci invitano già ad indirizzare lo sguardo verso la sua morte e la sua risurrezione», spiegava Papa Benedetto XVI in un’omelia del 2011 alle porte del Santo Natale, «la Pasqua la celebra come vittoria sul peccato e sulla morte: segna il momento finale, quando la gloria dell’Uomo-Dio splende come la luce del giorno». Secondo Il Papa Emerito, la nascita di Gesù da sola non può essere compresa e accolta se non «alla luce dall’intera opera redentrice, che trova il suo vertice nel Mistero Pasquale». Nato il giorno del Sabato Santo del 1927, Ratzinger ebbe modo di raccontare nella sua autobiografia con Peter Seewald di essere sempre stato grato che «la mia vita sia stata fin dall’inizio immersa nel mistero pasquale, dal momento che non poteva che essere un segno di benedizione». È un capovolgimento “paradossale” quello a cui invitava a riflettere Papa Ratzinger e coglie nel segno anche oggi: sebbene chiunque di noi abbia più dimestichezza e compressione davanti ad una “nascita” che non davanti ad una “Resurrezione”, è solo con la vittoria del Figlio di Dio sulla morte che acquisisce senso compiuto la venuta nel mondo di quella piccola luce apparsa duemila anni fa nella mangiatoia di Betlemme.



L’ULTIMA PASQUA DI RATZINGER DA PONTEFICE REGNANTE: LA “NUOVA CREAZIONE” E LA “LUCE”

Uscendo dal paragone presentato dal “Giornale” tra le feste di Natale e Pasqua secondo Papa Ratzinger, la centralità della Pasqua nella testimonianza di vita di Gesù è ripetuto con forza negli anni del Pontificato dal 2005 al 2013: «da quando Cristo è risorto, la gravitazione dell’amore è più forte di quella dell’odio; la forza di gravità della vita è più forte di quella della morte», sottolineava Benedetto XVI nell’omelia della Veglia di Pasqua 2009, è un passare continuo dalla “morte alla vita”, questo il senso più profondo e decisivo dell’essere aderenti a Cristo.



Nella sua ultima omelia da Pontefice regnante per la Pasqua, Papa Benedetto XVI tenne un’omelia illuminante nella Veglia pasquale del 7 aprile 2012: «Pasqua è la festa della nuova creazione. Gesù è risorto e non muore più. Ha sfondato la porta verso una nuova vita che non conosce più né malattia né morte. Ha assunto l’uomo in Dio stesso». Una creazione che è resa possibile dalla luce che crea la vita e che rende così possibile l’incontro cristiano: la creazione di Dio «rende possibile la comunicazione. Rende possibile la conoscenza, l’accesso alla realtà, alla verità. E rendendo possibile la conoscenza, rende possibile la libertà e il progresso. Il male si nasconde. La luce pertanto è anche espressione del bene che è luminosità e crea luminosità. È giorno in cui possiamo operare. Il fatto che Dio abbia creato la luce significa che Dio ha creato il mondo come spazio di conoscenza e di verità, spazio di incontro e di libertà, spazio del bene e dell’amore». Per far sì che questa creazione possa rimanere nel mondo fino ai giorni nostri, concluse Ratzinger nell’omelia di Pasqua 2012, è possibile solo mediante il Battesimo e la professione di fede, una libera adesione di luce nel buio più tormentato del mondo: «Cristo, la luce, è fuoco, è fiamma che brucia il male trasformando così il mondo e noi stessi. “Chi è vicino a me è vicino al fuoco”, suona una parola di Gesù trasmessa a noi da Origene. E questo fuoco è al tempo stesso calore, non una luce fredda, ma una luce in cui ci vengono incontro il calore e la bontà di Dio».