PERCHÈ SI È UCCISO RAUL GARDINI NEL 1993: PARLA L’AVVOCATO DE LUCA

Il 23 luglio 1993 si toglieva la vita a Milano Raul Gardini, uno dei più importanti manager e imprenditori del Novecento italiano, alla vigilia dell’interrogatorio sullo scandalo Tangentopoli-Enimont: questa sera la Rai lo omaggia con la docufiction “Raul Gardini” indagando a fondo tanto la vita personale quanto i successi sportivi sul Moro di Venezia, e ovviamente anche le controversie giudiziarie e legali che dovette affrontare. Intervistato dal “Corriere della Sera”, lo storico avvocato di Gardini (assieme a Giovanni Maria Flick) Marco De Luca prova a spiegare il perché di quel suicidio che sconvolse l’Italia in piena inchiesta “Mani Pulite”.



«Io credo che lo abbia fatto per tutelare la sua famiglia e la sua immagine. Non dobbiamo dimenticare che accanto alle vicende di Tangentopoli era maturato in quel momento il dissesto della Montedison che avrebbe potuto ripercuotersi su di lui e su molti altri con azioni riparatorie importanti dal punto di vista economico», rileva il legale pensando al perché di quell’insegno gesto, probabilmente ottenuto per non venire meno ai “valori familiari” per cui aveva sempre vissuto. Secondo De Luca, «Penso abbia considerato il fatto che senza di lui la sua famiglia sarebbe stata in qualche modo tutelata. Forse voleva evitare che le vicende di Tangentopoli potessero turbare tutto questo: lui e il suo mondo».



LO STORICO AVVOCATO DI GARDINI: “NON HO DUBBI SUL SUICIDIO”

L’avvocato ricorda la morte di Raul Gardini e lo stato d’animo molto fragile dell’industriale in quei giorni drammatici in attesa dell’interrogatorio con il pubblico ministero Antonio Di Pietro: «Mi sembrava un uomo molto provato, aveva nel volto una profonda tristezza.. La sua prima preoccupazione riguardava la documentazione delle attività di Montedison di cui non disponeva ma che riteneva necessaria per difendersi dalle accuse». Essendo fuori dal gruppo da oltre due anni all’epoca, sottolinea ancora De Luca, Gardini «non aveva quelle carte, in particolare sulla vicenda Enimont e sulle dazioni di denaro».



Il 23 luglio 1993 Raul Gardini avrebbe dovuto presentarsi alle 11 di mattina in qualche caserma della Guardia di Finanza a Milano: «lì Di Pietro lo avrebbe interrogato a lungo, probabilmente fino a notte fonda, e Gardini sarebbe rimasto con noi fino a che il gip non avesse concesso i domiciliari. Il 24 poteva essere a casa». In merito alle frizioni con la famiglia Ferruzzi successive al crollo Enimont (motivo per cui Gardini lasciò il gruppo, ndr) la moglie e terzogenita di Serafino Ferruzzi, Idina, confermò in una celebre intervista del 1997 un netto ostruzionismo dei suoi collaboratori, in particolare Carlo Sama e Sergio Cusani, nel fornire a Gardini la documentazione utile per la sua difesa: in merito a ciò l’avvocato De Luca commenta sempre al “Corriere”, «Temeva che dall’interrogatorio di Garofano emergesse una realtà molto diversa da quella che pensava di rappresentare. Aveva paura cioè che gli gettassero la croce addosso». Il legale racconta del volto segnato da una «tristezza profonda» nelle ore immediatamente prima al tragico suicidio, per questo non nutre alcun dubbio sul fatto che sia stato proprio lui a togliersi la vita: «In quegli anni Gardini era l’imprenditore per eccellenza in Italia. Il suo nome era straordinario, a Ravenna era considerato un re. Forse voleva evitare che le vicende di Tangentopoli potessero turbare tutto questo: lui e il suo mondo, nato accanto a Serafino Ferruzzi».