Il Ravenna Festival è, da sempre una manifestazione multidisciplinare. Come abbiamo annunciato su questa testata, quest’anno tra il 2 giugno ed il 31 luglio presenta oltre sessanta produzioni di musica, teatro in musica, dramma e balletto in vari luoghi di spettacolo tanto a Ravenna città quanto in comuni vicini ed a Cervia. Uno sforzo produttivo che in Italia non ha eguali ed in Europa è analogo unicamente a quello del Festiva estivo di Salisburgo ed al biennale Enescu Festival di Bucarest. In due giorni e mezzo, il vostro chroniqueur è riuscito, nonostante il maltempo che ha comportato alcuni spostamenti di programma (molte rappresentazioni, in epoca di pandemia, sono necessariamente all’aperto), ad assistere a quattro concerti ed ad uno spettacolo di balletto.
Iniziamo da quest’ultimo in quanto è un evento internazionale, presentato a Ravenna in prima italiana, che probabilmente girerà la Penisola la prossima stagione. E’ coprodotto con l’american AF Dance ed il britannico Royal Ballet, Ne è protagonista Alessandra Ferri. a quaranta anni dal suo debutto ed a una dozzina dal suo ritiro dalle scene. Si intitola L’Heure Exquise. Non è una novità assoluta. E’ per moli aspetti una ripresa di uno spettacolo concepito, nel 1998, da “Torino Danza” per Carla Fracci e che allora fu pensato e coreografato da Maurice Béjart. Lo spettacolo è stato rimontato da Maina Geilgud e Micha Van Hoecke, le scene e le luci sono di Roger Bernard, i costumi di Luisa Spinatelli. Alessandra Ferri, in questo balletto per due solisti è affiancata da Carsten Jung.
Il breve balletto (due tempi complessivamente di un’ora ed un quarto) si basa piuttosto fedelmente sulla pièce di Samuel Beckett Oh les beaux jours relativa ai ricordi di due anziani (Winnie e Willy) alle “ore squisite” della loro giovinezza. Nel 1998, Carla Fracci era la danzatrice agée che ricorda i “bei giorni” della giovinezza. Ora il ruolo è affidato ad Alessandra Ferri che a 58 anni sembra una delicatissima bambina. La parte non prevede passi acrobatici – ne contempla invece per Carsten Jung – ma un andamento dolce come si addice a chi ricorda i momenti più belli della propria “stagione che non ritorna più”, la gioventù. La protagonista (Winnie) non è sommersa da una collina di sabbia, come nella pièce di Becket, ma da una montagna di vecchie scarpette a punta come è d’uopo per chi ricorda l’inizio della professione di ballerina. Il deuteragonista (Willy) appare poco più giovane di lei. Anche lui, però, è immerso nel ricordo dei “bei giorni” più che nel presente.ù
La “colonna sonora” (registrata) è aperta e chiusa da Tace il labbro da La vedova allegra di Lehàr. Predominano brani di Mahler, le eco di un concerto per piano di Mozart, Webern fa capolino nei momenti più drammatici. Un lavoro molto raffinato di selezione e di fusione dei vari brani.
Uno spettacolo struggente ed affascinante che merita di essere ripreso da altri teatri.
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