I RE MAGI E LA FESTA DELL’EPIFANIA: LA VERA STORIA
I Re Magi da oltre duemila anni ‘portano’ i doni al Bambino Gesù nella grotta di Betlemme come segno massimo dell’Epifania del Signore: ma fra tradizioni, riti, “leggende” e rivisitazioni, la loro figura è variata e non poco nel corso dei secoli, rimanendo però immutata nel significato recondito e commosso della Sacra Festa cristiana della Manifestazione del Signore. Nel Vangelo di Matteo del 6 gennaio si legge che al tempo del Re Erode, Gesù nacque a Betlemme mentre «Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta».
A quel punto, spiega ancora il Vangelo, i Magi vengono inviati a Betlemme per informarsi circa il motivo di quella “stella” in cielo e della nascita del “presunto Messia”: «Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese».
CHI ERANO DAVVERO I ‘RE MAGI’
Negli altri Vangeli ufficiali non si parla dei Magi, ma la tradizione cristiana riporta fino ai giorni nostri la straordinaria importanza della presenza di questi “dotti” in visita al Bambino Gesù nel giorno della sua Manifestazione al mondo ribadendo il significato recondito dell’Epifania. Al di là delle leggende la Chiesa li ha sempre considerati come il vero simbolo dell’uomo che si mette alla ricerca di Dio: come ricordava Benedetto XVI nell’omelia dell’Epifania 2011, «i Re Magi erano probabilmente dei sapienti che scrutavano il cielo, ma non per cercare di “leggere” negli astri il futuro, eventualmente per ricavarne un guadagno; erano piuttosto uomini “in ricerca” di qualcosa di più, in ricerca della vera luce, che sia in grado di indicare la strada da percorrere nella vita. Erano persone certe che nella creazione esiste quella che potremmo definire la “firma” di Dio, una firma che l’ uomo può e deve tentare di scoprire e decifrare». Non è detto che fossero tre e non esattamente erano re, ma non cambia la simbologia che i Magi portano dietro nella celebrazione dell’Epifania: «Il numero tre – altamente simbolico nella Scrittura – può invece essersi affermato in riferimento ai Magi per affermare che tutto il mondo aveva reso omaggio al Salvatore. Tre era infatti anche il numero dei continenti allora conosciuti», spiega il focus di Avvenire.
I DONI E LA STELLA
Sui nomi, la tradizione cristiana ha riportato i tre che tutti conoscono – Baldassarre, Melchiorre e Gaspare – ma anche in questo caso si mischiano più tradizioni e documenti che non danno ancora oggi la piena certezza di queste tre nominazioni: portarono in dono al Bambino Gesù oro, incenso e mirra, seguendo una stella che l’iconografia religiosa, da Giotto in poi, ha trasformato in una cometa, anche se probabilmente si trattava solamente di una stella molto luminosa, forse una congiunzione di pianeti. Studi più recenti tendono ad escludere la possibilità di una Cometa di Halley di passaggio in quel periodo storico (come invece aveva “ipotizzato” Origene nel III secolo): piuttosto, spiega un focus di “In terris” sull’Epifania, «La stella dei Magi molto probabilmente è stato un evento astronomico poco appariscente, ignorato dai più, ma carico di significato dal punto di vista astrologico». Come spiegava ancora il Papa Emerito 10 anni fa, «quegli uomini cercavano le tracce di Dio; cercavano di leggere la sua “firma” nella creazione; sapevano che “i cieli narrano la gloria di Dio” (Sal 19,2); erano certi, cioè che Dio può essere intravisto nel creato. Da uomini saggi, sapevano pure che non è con un telescopio qualsiasi, ma con gli occhi profondi della ragione alla ricerca del senso ultimo della realtà e con il desiderio di Dio mosso dalla fede, che è possibile incontrarlo, anzi si rende possibile che Dio si avvicini a noi».