Approvata dal Parlamento europeo oggi, 28 febbraio, la direttiva che istituisce il reato di ecocidio. Come riporta Il Giornale le pene contro i crimini ambientali andranno da un minimo di 5 a un massimo di 10 anni di carcere. I 27 stati UE avranno ora tempo 2 anni per recepire la nuova follia di Bruxelles.

La nuova direttiva, concordata con il Consiglio il 16 novembre 2023, è stata approvata con 499 voti favorevoli, 100 contrari e 23 astensioni. Tra i nuovi reati figurano il commercio illegale di legname, l’esaurimento delle risorse idriche, le gravi violazioni della legislazione dell’Ue in materia di sostanze chimiche e l’inquinamento provocato dalle navi. I parlamentari europei hanno voluto inserire nel testo anche i cosiddetti “reati qualificati”, vale a dire quelli che portano alla distruzione di un ecosistema e sono quindi paragonabili all’ecocidio (ad esempio gli incendi boschivi su vasta scala o l’inquinamento diffuso di aria, acqua e suolo). L’Unione europea è così il primo organismo internazionale a dotarsi di una simile legge.



REATO DI ECOCIDIO: PUÒ DIRSI DAVVERO UNA SVOLTA RIVOLUZIONARIA?

A Bruxelles si parla di decisione rivoluzionaria, anche se per qualcuno si tratta di una norma perfino esagerata. La portata della nuova fattispecie incriminatrice prevede che i reati ambientali commessi da persone fisiche e rappresentanti d’impresa saranno punibili con la reclusione, a seconda della durata dell’evento provocato, della gravità o della reversibilità del danno. Per i cosiddetti reati qualificati o paragonabili ad ecocidi, il massimo è di 8 anni di reclusione, per quelli che causano la morte di una persona 10 anni e per tutti gli altri 5 anni. Per le imprese l’importo dipenderà dalla natura del reato: potrà essere pari al 3 o 5% del fatturato annuo del gruppo, in alternativa, a 24 o 40 milioni di euro. Inoltre, i parlamentari hanno introdotto l’obbligo per gli Stati membri di organizzare corsi di formazione specializzati per forze dell’ordine, giudici e pubblici ministeri, redigere strategie nazionali e organizzare campagne di sensibilizzazione contro la criminalità ambientale.



L’approvazione di una definizione comune da parte di diversi Stati di tale nuovo reato, potrebbe consentire il perseguimento e la condanna degli atti di distruzione ambientale da parte della Corte penale internazionale, che al momento si dedica a giudicare in casi di crimini di guerra, dei crimini contro l’umanità, dei genocidi e delle aggressioni. Insomma, dall’estrazione dell’acqua da una fonte, all’introduzione e alla diffusione di specie esotiche invasive, sino alla distruzione dell’ozono, tutti identificati come reati ambientali paragonabili all’ecocidio nella nuova direttiva, posti praticamente sullo stesso piano dei ‘criminali di guerra’.



DIFFERENZE RISPETTO ALLA NORMATIVA PRECEDENTE

Come apprendiamo sempre da Il Giornale la principale differenza rispetto alla ormai obsoleta direttiva del 2008, oltre all’inasprimento delle pene, sta nel fatto che prima chiunque danneggiava l’ambiente senza illegalità, ovvero compiendo un’attività per cui vantava un regolare permesso, non era perseguibile, mentre in futuro questo non sarà un salvacondotto per inquinare. Antonius Manders, deputato olandese iscritto al gruppo del Partito Popolare Europeo e relatore della legge, fa il caso dei Pfas, sostanze perfluoroalchiliche estremamente dannose per la salute umana: “Nei Paesi Bassi le aziende hanno dei permessi per inquinare il suolo con gli Pfas , ma vent’anni dopo abbiamo visto che causano morti e problemi alla salute. Con questa nuova legge, la decisione di un giudice potrà vietarli“.

Agli stati membri spetterà di modulare le sanzioni e di stabilire se e come perseguire gli eventuali ecocidi commessi al di fuori dell’Ue per conto di società europee e saranno inoltre responsabili dell’organizzazione della formazione e della raccolta dei dati e di fornire una formazione specialistica per agenti di polizia, giudici e pubblici ministeri, oltre che di sviluppare strategie nazionali e organizzare campagne di sensibilizzazione ad hoc. Sono previsti meccanismi di sostegno e protezione per coloro che segnaleranno reati ambientali.