“A chi prego, come prego, perché prego, e soprattutto con chi prego, non è una questione che riguardi il governo ” , ha detto Mons. Comensoli, arcivescovo di Melbourne in Australia. Le sue parole fanno riferimento a un disegno di legge in preparazione nello stato di Victoria che vorrebbe vietare la cosiddetta terapia di conversione tramite la preghiera per omosessuali e transessuali. Monsignor Commensali, precisando che non è d’accordo con qualunque tipo di trattamento coercitivo nei confronti di persone di diverso orientamento sessuale, ha però precisato che il disegno di legge in questione è un chiaro tentativo di limitare la libertà religiosa di tutti, ma soprattutto dei cristiani. Lo sostengono anche molti avvocati e personalità della società civile. La maggior parte delle chiese cristiane rifiuta le pratiche coercitive (cioè obbligatorie) o quelle che danneggiano le persone LGBT, ha spiegato l’arcivescovo. “Siamo pronti a collaborare con il governo per trovare modi per garantire che le persone siano protette”.
IL REATO CRIMINALE DI PREGARE
Tuttavia, ha aggiunto, il disegno di legge va ben oltre. John Steenhoff, direttore della Human Rights Law Alliance, è stato ancora più diretto, definendo il disegno di legge del governo vittoriano un “attacco diretto alle credenze religiose e al cristianesimo in particolare”. Ha detto che il disegno di legge prende di mira coloro che condividono le credenze tradizionali sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. “È troppo ampio e prescriverà un’ideologia estrema, soprattutto per quanto riguarda l’ideologia di genere”, ha detto Steenhoff. Michael Quinlan, preside della facoltà di giurisprudenza dell’Università cattolica di Notre Dame a Sydney, lo ha definito “un approccio molto draconiano e autoritario che nessun governo dovrebbe adottare “. Ha detto che il disegno di legge del governo vittoriano non è solo “un affronto alla libertà religiosa, ma anche un affronto alla libertà di scelta”. Pregare non dovrebbe mai essere visto come un crimine. Da tempo in Australia, dopo diversi scandali di pedofilia legati ad esponenti della Chiesa cattolica, si cerca di introdurre per i sacerdoti l’obbligo di riferire i contenuti delle confessioni qualora il penitente confessi di aver praticato atti pedofili, cosa che la Chiesa rifiuta, in quanto la confessione è una pratica privata che non va mai rivelata nei suoi contenuti.