Massimo Recalcati, in un articolo su Repubblica, affronta il tema del disagio scolastico, che sarebbe proprio dell’istituzione scolastica stessa e non solamente di studenti, genitori e professori. L’origine del disagio sarebbe nel collasso del discorso educativo, che fatica ad affermarsi: in un’epoca in cui il culto individuale è al primo posto, infatti, l’educazione viene ridotta ad un addestramento al conformismo secondo lo psicoanalista. “Uno dei fraintendimenti maggiori che stiamo vivendo è quello che confonde il piano delle regole con quello del senso della Legge. L’educazione non coincide con la regolazione della vita, ma con la sua umanizzazione” scrive su Repubblica.
Il rispetto delle regole è spesso invocato come condizione per garantire la costruzione della cittadinanza ma “quello che si dimentica è che le regole sono solo degli impedimenti esterni che agiscono sul comportamento volendone limitare gli eccessi”. L’educazione non andrebbe dunque concepita a partire dalle regole: il compito della scuola dovrebbe essere più alto e dovrebbe trasmettere il senso della Legge “al di là del rispetto formale delle regole”.
Recalcati: “Scuola allo sbando, ecco perché”
Secondo Massimo Recalcati, oggi “la scuola è allo sbando — come allo sbando è il discorso educativo — perché è sempre più difficile far esistere e trasmettere da una generazione all’altra il senso della Legge come condizione della possibilità vitale del desiderio. Nondimeno, il senso della Legge non si rianima guardando al passato, rimpiangendo nostalgicamente una Scuola disciplinare, pre-Sessantotto, fondata sugli ideali patriarcali dell’obbedienza e dell’autoritarismo”. Secondo lo psicanalista, la scuola deve umanizzare la vita: questo non passa attraverso la riesumazione della Legge.
Per lo psicanalista andrebbe invece ridato valore non solamente al voto in condotta ma anche alla funzione degli insegnanti “in un quadro di riforma complessiva dei piani di studio che favorisca le inclinazioni singolari degli allievi come già accade da tempo in altre parti del mondo”. Non si può pretendere che gli alunni rispettino i docenti “se lo Stato è il primo a non riconoscerne il valore” e a “umiliare la professionalità”. La scuola senza prove non esiste ma “le prove e le valutazioni non devono riguardare solo gli studenti ma soprattutto chi insegna” secondo Recalcati.