Ieri la Commissione europea ha pubblicato le sue nuove previsioni economiche. Nel testo che accompagna i numeri si può leggere: “In un contesto contrassegnato da un’elevata incertezza, si prevede che le pressioni dovute ai rincari dell’energia, l’erosione del potere d’acquisto delle famiglie, un contesto esterno più debole e l’inasprimento delle condizioni di finanziamento faranno entrare in recessione l’Ue, la zona euro e la maggior parte degli Stati membri nell’ultimo trimestre dell’anno”. L’ultimo trimestre dell’anno è adesso. L’Europa quindi è in recessione e la prima causa, secondo l’analisi della Commissione europea, sono i rincari dell’energia. L’erosione del potere d’acquisto è una sua conseguenza. Vale lo stesso, almeno in parte, per l’inasprimento delle condizioni di finanziamento perché l’aumento dei tassi di interesse avviene per contrastare un’inflazione che ha nei rincari energetici una delle cause principali se non la causa principale.



L’Europa è in recessione e la Bce, secondo la maggior parte degli analisti, si appresta ad alzare i tassi. Lo “deve” fare perché altrimenti dovrebbe scegliere la svalutazione dell’euro e ancora più inflazione. Il problema è che le tensioni sui mercati finanziari, la liquidità che si prosciuga tocca l’Europa molto più che l’America. La coperta è cortissima.



Sempre ieri il vicepresidente della Banca centrale europea, Luis de Guindos, ha dichiarato che “potrebbe essere che il mercato stia sottovalutando la persistenza dell’inflazione”. In altre parole il mercato pensa che l’inflazione scenderà prima o di più di quanto ritenga de Guindos che invece ritiene che bisognerebbe incorporare stime di inflazione più alte. L’inflazione si cumula; se i prezzi del 2023 salgono del 6% invece che del 10%, come nel 2022, il conto finale fa qualcosa in più di 16%. Non sono calcoli geniali, ma è sempre meglio specificare perché altrimenti si rischia una narrazione in cui si celebra qualche punto di inflazione in meno nel 2023 rispetto al 2022.



Nessuno può sapere quanto profonda sia la recessione. Ogni recessione, finora, si è portata dietro cali delle materie e in generale dei prezzi. Questa non sarà diversa, ma la crisi energetica e la ristrutturazione delle catene di fornitura globale sono due elementi “esogeni” che non scompariranno in due trimestri.

Sembra che ieri si sia dato inizio se non a un’operazione verità al suo anticipo; forse si comincia a preparare il terreno a un cambio di scenario perché le proiezioni ufficiali della Bce assumono un’inflazione sotto il 4% già alla fine del 2023 e al 2% dall’inizio del 2024. Il rallentamento economico è previsto, ma i numeri delle previsioni ufficiali non sembrano coerenti con gli effetti di una “recessione”. Sembra passata una vita da quello che si leggeva a inizio primavera quando l’Europa scalava le marce delle sanzioni; invece sono passati appena due trimestri. Ognuno si faccia le domande che crede.

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