È trascorso poco meno di un mese da quando, il 22 novembre scorso, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha trasmesso ai due presidenti di Camera e Senato la relazione concernente lo Stato di attuazione delle norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza, come previsto dall’art. 16 della legge 194. I dati presentati nella relazione sono relativi all’anno 2022, come è giusto che sia, anche perché la loro raccolta, la loro verifica e la loro elaborazione richiedono un tempo non indifferente, dato l’ampio coinvolgimento delle numerose strutture interessate. Dalla lettura della relazione, disponibile sul sito del ministero della Salute, sono tre i dati che balzano all’attenzione: prima di tutto, dopo tanti anni, l’inversione del trend con un aumento del 3,2% degli aborti. Complessivamente si parla di 65.661 aborti: dopo decenni di calo costante c’è un incremento degli aborti soprattutto tra le donne con età compresa tra i 25 e i 34 anni e tra le minorenni.
Il secondo elemento è rappresentato dal fatto che per la prima volta gli aborti farmacologici hanno superato quelli chirurgici e sono praticamente raddoppiati, passando negli ultimi tre anni dal 24,9% del 2019 al 50,9% del 2022. In particolare, per quanto riguarda la contraccezione di emergenza, la distribuzione di Ulipristal acetato, la cosiddetta pillola del quinto giorno, è passata dalle 266.567 confezioni nel 2020 alle 348.219 nel 2021, per giungere alle 444.730 nel 2022, con un incremento complessivo del 66,8% rispetto al 2020, quando è stata approvata la norma che ha eliminato l’obbligo di prescrizione per i minorenni.
E infine nonostante la riduzione del numero dei medici obiettori, i tempi di attesa per abortire si sono ridotti. Probabilmente per una migliore organizzazione dei servizi e per le diverse modalità di somministrazione nel caso dell’aborto farmacologico. Nel 2022 il 90,2% delle IVG è stato eseguito senza ricovero ordinario e nel 2,7% dei casi la donna è rimasta ricoverata per una sola notte, con una discreta variabilità per Regione. Nonostante l’attuale aumento del numero di aborti, l’Italia continua a registrare i valori più bassi a livello internazionale, confermando, rispetto al 1983, anno record nel nostro Paese, un andamento decrescente complessivo del tasso di aborto (-66,9%). Per questo è importante capire se l’aumento degli aborti riferiti all’anno 2022 sia un dato occasionale o se realmente ci si trova di fronte all’inversione di un trend.
Il cambiamento della normativa per quanto riguarda l’IVG farmacologica ha favorito questo tipo di aborto, facendolo apparire come più accessibile e meno invasivo. L’aborto farmacologico non deve più essere effettuato entro 49 giorni, pari a 7 settimane di gestazione, bensì può ora avvenire fino a 63 giorni, pari a 9 settimane di età gestazionale. La procedura non richiede più l’ospedalizzazione e può essere eseguita presso strutture ambulatoriali pubbliche, funzionalmente collegate all’ospedale e autorizzate dalle Regioni, compresi i consultori e i Day Hospital.
L’aumento stesso della contraccezione di emergenza con la pillola del quinto giorno ha probabilmente spostato l’attenzione dei giovani dalla prevenzione della gravidanza all’intervento “abortivo” precoce, senza nemmeno attendere il risultato del test di gravidanza. Non si vuole correre alcun rischio e per ridurne l’impatto ci si dispone ad abortire senza avere la certezza di essere in gravidanza. Abbiamo quindi un numero assai più elevato di aborti, senza avere la certezza di vere e proprie gravidanze. Ma se il rischio degli aborti, soprattutto tra le persone più giovani, è controllato dalla contraccezione d’urgenza, questo non le protegge dal rischio di contrarre malattie a trasmissione sessuale, a volte silenziose per lunghi anni, ma poi causa di patologie secondarie che possono condurre alla sterilità o all’insorgenza di tumori.
La relazione mostra come resti da fare un importante lavoro sul piano dell’educazione alla salute, proprio a quella salute riproduttiva tante volte messa sotto accusa perché trascurata e resa poco incisiva sul piano delle scelte politiche. Questo chiama in causa il ruolo dei consultori familiari. L’analisi dell’attività di counseling dei consultori familiari per l’IVG è stata effettuata attraverso un monitoraggio del ministero della Salute. Il 76,6% del totale dei consultori familiari ha dichiarato di rilasciare certificati per l’aborto, 1.945 su 1.489, dal che si potrebbe dedurre che per un 24% si è trattato di una azione di prevenzione dell’aborto.
Il consultorio familiare rappresenta una struttura gratuita, deputata alla protezione, prevenzione, promozione della salute, consulenza e cura rivolte alla donna in tutto il suo ciclo di vita. Pertanto, è indispensabile garantire il continuo miglioramento dell’offerta multiprofessionale dei consultori familiari e facilitarne l’accesso a tutte le donne, attraverso azioni di sostegno anche di carattere psico-sociale con un counseling personalizzato, soprattutto alle più giovani, a cui serve una informazione chiara, completa, anche in ordine alle conseguenze di determinate scelte e di alcuni stili di vita, per promuovere la loro consapevolezza anche in ordine alla maternità e ad un loro ben-essere il più completo possibile.
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