I prezzi del gas in Europa continuano a correre e sono ormai sensibilmente superiori non solo a quelli di dodici mesi fa, ma hanno superato i massimi degli ultimi venti anni. In queste stesse settimane i prezzi dell’elettricità in Europa salgono e toccano livelli record. La Spagna lancia un appello all’Europa perché cambi le regole sulle emissioni senza successo. Mentre i prezzi del gas naturale esplodono solo tre anni fa ci saremmo aspettati un incremento degli investimenti, in termini di nuove esplorazioni e impianti, da parte delle società energetiche, invece il ciclo degli investimenti in idrocarburi è fermo al palo. Gli operatori non possono comportarsi secondo le leggi del mercato e sono stretti da una serie di regole e pressioni, per esempio quelle degli investitori, per non investire in idrocarburi. Anche il gas naturale che fino a pochi anni fa era considerato la risorsa di transizione tra il vecchio e il nuovo mondo non è più di moda.
Mentre la domanda recupera, la produzione scende senza nuovi investimenti e alcuni governi, per esempio la Germania, sembrano ancora intenzionati a chiudere diversi giga di capacità nucleare. Le autovetture consumano ancora benzina e le case vengono ancora riscaldate con il gas; le energie rinnovabili non sono ancora in grado di garantire energia stabile e programmabile a costi contenuti e sottopongono la rete a picchi che sono complicatissimi da gestire sia per le esigenze delle famiglie che per quelle delle imprese.
La novità è la decisione con cui l’Europa si è avviata sulla transizione verde che apre, come minimo, una fase particolare in cui le famiglie consumano ancora come prima con gli stessi strumenti di prima mentre la disponibilità di fonti tradizionali scende rapidamente. Nessun’altra area globale ha deciso di avviare questo percorso e la ragione evidente è il costo enorme di questa scelta sia per il sistema industriale che per i consumatori.
La salita dei prezzi del gas è particolarmente preoccupante perché avviene in una stagione, l’estate, di bassi consumi mentre la spesa dei consumatori si concentra in inverno. Non è chiaro se le energie rinnovabili siano in grado di sostituire quelle tradizionali in termini sia di disponibilità che di costo. L’impatto ambientale è una domanda aperta perché, per esempio, i piani per incrementare la produzione di materie prime per i motori elettrici sono estremamente invasivi per l’ambiente e qualche riflessione si potrebbe fare anche sui parchi solari ed eolici.
Quello che invece diventa sempre più certo è il costo di questa fase di transizione attuata con questa velocità e con queste modalità. I lockdown del 2020 e del 2021 hanno “nascosto” il problema imponendo una stretta sui consumi. Oggi che l’economia riapre e che sono passati altri dodici mesi di mancati investimenti nelle fonti tradizionali il problema emerge e sembra portare a uno scenario in cui i consumatori devono scegliere se consumare molto meno o pagare molto di più. Il programma di aiuti statali che l’Europa potrebbe avviare per tutelare le fasce più deboli non risolve il problema perché la disponibilità di energia è un limite fisico che non può essere risolto da immissioni di liquidità, nuove tasse o sussidi.
Se il limite fisico della disponibilità di energia dovesse materializzarsi l’unico modo per garantire le fasce più deboli sarebbe imporre a tutti un limite “green” all’utilizzo di energia.
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