Dopo il conseguimento dei primi 51 obiettivi programmati per il 2021 rimane da capire come proseguirà il cammino del Pnrr. La voglia di monitorare lo stato di attuazione è la risultante della preoccupazione che non ce la si possa fare.
Conte ha il merito di aver convinto l’Europa della necessità di un Recovery plan, mentre Draghi ha il merito di avere presentato a Bruxelles un Pnrr credibile ottenendone l’approvazione e portando a casa un prefinanziamento di quasi 25 miliardi. A ben vedere, tuttavia, il tema non è solo questo, ma ben più pressante sta divenendo lo spendere bene questi soldi dopo la stagione dei tanti piccoli crediti d’imposta. Il cammino del Pnrr si è intrecciato con la partita politica legata alla successione al Quirinale che sta finendo per influenzare il futuro del Governo del Paese. Dopo l’euforia iniziale seguita all’approvazione del Piano è apparso chiaro a tutti che i fondi resi disponibili dall’Europa sono in larga parte da restituire e, dunque, bisogna, al pari di quanto accade in una famiglia in occasione dell’accensione un mutuo, adoperarsi per restituire il prestito. Nel caso del Pnrr la “penale”, eventuale, è molto forte. Si rischia il default del Paese. Nell’attuazione del Pnrr sono impegnati tutti i ministeri e gli Enti locali. Appare sempre più chiaro che gli Enti locali del Nord siano al passo, mentre lo sono, molto, meno quelli del Sud.
Anche in questo caso i problemi che sono sul tavolo rispettano la regola generale rappresentata dal dover passare dalle parole ai fatti ovvero dimostrare capacità progettuale. In sintesi tradurre le idee in opere e riforme. Occorre, dunque, lavorare per realizzare progetti e riforme, quest’ultime al palo. Non sempre è chiaro, infatti, che la restante parte dei fondi arriverà secondo il meccanismo dello stato di avanzamento dei lavori. Questo “comandamento” non è secondario per un Paese come l’Italia (per le Regioni del Sud ancor di più) che ha una tradizione di fondi europei non spesi proprio per l’incapacità di realizzare i progetti. Nel passato, anche recente, la macchina amministrativa ha dimostrato di essere incapace di snellire le procedure di gestione dei fondi europei, i contratti di programma, sia se gestiti a livello ministeriale o a livello delle Banche concessionarie, sia quelli gestiti da Invitalia.
L’euforia iniziale viene sostituita giorno dopo giorno, complice anche l’incapacità evidente negli ultimi giorni della politica, dalla presa di coscienza della realtà italiana per cui si comincia a paventare la possibilità di apportare modifiche al Pnrr. Dall’Europa, non sempre affascinata dalla nostra “creatività”, si sono affrettati a farci sapere che le modifiche sono possibili solo in casi eccezionali. Non è uno stop, ma un modo elegante per ammonirci di tenere a mente che i margini di manovra sono stretti e il controllo sarà vigile. Le dichiarazioni dei ministri Franco e Giovannini sembrano prenderne atto.
La voglia di modifiche si registra non solo a livello nazionale. A lanciare l’allarme sono anche gli enti locali alcuni, solo quelli (o proprio perché) già in avanzata fase di cantieramento delle opere, chiedono l’adozione delle contromisure utili e necessarie a compensare la revisione dei prezzi stimati indotti dagli aumenti generalizzati dei materiali e dell’energia che stanno mettendo a rischio la capacità di programmazione delle istituzioni territoriali.
Che vi sia la necessità di cambiare passo pare evidente a tutti. Ritornando al parallelismo con la stagione dei crediti d’imposta si registra la dichiarazione del Direttore Ruffini che si dice pronto a intervenire per recuperare i contributi non spettanti. A ben vedere il problema sta nell’aver mal proposto dall’inizio talune agevolazioni. Non si è badato alle prevedibili conseguenze e oggi i rimedi sul tappeto rischiano di mettere in crisi il sistema delle imprese impegnate nei lavori edilizi. Ricadute ci saranno anche sul sistema bancario che rischia di trovarsi da un lato a erogare liquidità in cambio di crediti di imposta e dall’altro in difficoltà a incassare i crediti ordinari erogati in conseguenza di una ripresa economica ancora non consolidata e per alcuni settori ancora al palo.
L’attuazione del Pnrr, dunque, chiede una maturità ancora non consolidata e diffusa tra i diversi attori: Pa, imprese e professioni. Aspetto che tende a complicare i progetti in cantiere è il principio per cui i progetti da realizzare non dovranno arrecare un danno significativo all’ambiente (Regolamento europeo 2020/852 sugli obiettivi climatici e ambientali). Questo aspetto, se non gestito con serietà, renderà impossibile realizzare qualsiasi progetto dando forza ai movimenti Nimby che hanno bloccato in Italia, spesso solo per interessi di protagonismo o per la preoccupazione di interventi della magistratura non sempre composti, le opere pubbliche e private.
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