Del Pnrr, visto che sono veramente tanti soldi e tanti i progetti, si potrebbe parlare spaziando in ogni settore. Io voglio concentrarmi su quello che considero il focus del piano e sul settore che maggiormente, a mio parere lo realizza.
Il focus è che – come ha detto Mario Draghi l’anno scorso proprio qui a Rimini – ci stiamo indebitando, e molto, e lo possiamo fare coscientemente solo se si tratta di debito buono. Il debito buono è quello in investimenti che costruiscono il futuro. L’investimento che costruisce il futuro è quello in infrastrutture.
Ora, io sono stato ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, mi occupo di urbanistica da una vita, e potete ben immaginare quanto ci tenga a una rete di alta velocità che raggiunga tutta l’Italia, ai collegamenti con l’Europa soprattutto per il trasporto merci su rotaia, quanto consideri importante il Ponte sullo Stretto, il rafforzamento dei nostri porti, il rilancio del trasporto aereo, la fibra veloce per ogni comune italiano: tutti progetti a cui ho lavorato e a cui continuerò a dare il mio contributo da parlamentare.
Però l’infrastruttura decisiva per cui del futuro si possa avere un’immagine, una visione e quindi anche un progetto realistico è – proprio perché realistico, flessibile e modificabile, perché la storia riserva sempre sorprese – è quella dell’intelligenza, delle intelligenze.
Diceva ancora Draghi l’anno scorso al Meeting che l’investimento decisivo, sempre, ma in questo momento in modo più pressante rispetto al passato, è quello sui giovani. L’investimento cioè in educazione e formazione. Per un diritto che i giovani hanno, e per un dovere che noi abbiamo nei loro confronti: dotarli degli strumenti per affrontare la vita nella sua complessità, complessità alla quale noi abbiamo aggiunto un debito gigantesco.
Non a caso il vero nome del fondo europeo è Next generation Eu. Le parole hanno un significato, e vorrei che fossimo conseguenti con quelle che scegliamo.
Allora, fra i tanti stanziamenti del nostro Pnrr io sono contento che quello presentato dall’attuale governo si differenzi dalla bozza di quello del governo precedente proprio nei fondi destinati all’istruzione, che sono passati dal 12,7% del totale nella versione Conte al 17% nella versione Draghi. È un dato che conforta.
Ma non bisogna accontentarsi dell’incremento quantitativo. Un problema storico del nostro Paese è la capacità di spesa: non usiamo tutti i soldi che l’Europa ci dà. Non lo facciamo per un freno burocratico che dobbiamo riuscire ad eliminare con vere semplificazioni, non lo facciamo, oppure lo facciamo male, anche per la genericità di progetti che non ottengono lo scopo per cui vengono finanziati. Bisogna saper scegliere.
Che cosa vuol dire investire questi soldi in educazione? Indico solo alcune direttrici.
In Italia 21.609 scuole statali su 40.000 (il 53,8%) non hanno il certificato di agibilità. Bisogna intervenire. Non si tratta solo di sicurezza, non si tratta di rattoppare finestre e soffitti, si tratta di ripensare, riprogettare la scuola come luogo dove vengono trasmessi saperi, conoscenze, competenze e soprattutto esperienze. Ogni luogo pubblico, dalle chiese ai supermercati – è pensato e progettato secondo la funzione che ha, perché le scuole no?
L’11,2% delle scuole (dato pre-pandemia, ora per fortuna è migliorato) aveva una connessione veloce a Internet – pensate a cos’è stata la Dad, alla quale spero non si ritorni; una rete veloce può permettere esperienze didattiche interessantissime, come tante realtà nel nostro paese già documentano.
La formazione e l’aggiornamento dei docenti, sono la struttura portante della scuola, eppure nel dibattito pubblico parliamo di loro solo in termini sindacali o sanitari (vaccinazioni e green pass). E potrei continuare.
Ma voglio solo aggiungere due punti finali.
Il primo è l’indicazione di un criterio: nell’uso di questi fondi diamo ampio spazio all’autonomia scolastica. Il professor Delfino, presidente di Disal, spiegava qui al Meeting che la vera autonomia non è pretesa di indipendenza, ma interdipendenza, capacità di creare reti di collaborazione con il contributo originale di chi ha veramente qualcosa da dire e dimostra di saperlo mettere in pratica. La legge sull’autonomia scolastica ha vent’anni, è ora di metterla in pratica.
Infine, usiamo parte dei soldi del Pnrr destinati all’istruzione per un piano di accoglienza di giovani afghani che li aiuti soprattutto nel processo educativo. Garantiamo loro il diritto allo studio. Oggi è il momento del dramma, del caos, dell’emergenza umanitaria e nessuno sa dire che cosa succederà – chi dice di saperlo mente -, ma l’unica speranza, anche per quel paese, è una nuova generazione aiutata a entrare nella realtà con piena coscienza di sé e con una personalità matura.