Uno dei giornalisti tra i più informati delle dinamiche europee come Federico Fubini, dalle colonne del Corriere della Sera lancia l’allarme sul Recovery Fund, la vera ancora di salvataggio – come dimostra anche la Manovra in via di risoluzione che contiene parte della “cassa” già destinata al Next Generation Eu – per la crisi italiana e non solo. «Tutto tace in Italia e poco si discute pubblicamente nel resto d’Europa sulla sostanza di Next Generation EU: in cosa investire in 750 miliardi del piano per il rilancio e quando sarà possibile iniziare a farlo», scrive Fubini che torna a “martellare” il Governo dopo aver chiesto conto – senza avere risposte ufficiali – dei progetti in atto dall’esecutivo per i piano di rilancio del Paese. Dopo il recente accordo tra Consiglio Europeo e Europarlamento quantomeno le discussioni a Bruxelles possono partire, ma ora si attendono i piani dei Paesi con l’Italia tra quelli già in ritardo con le consegne: il problema viene poi acuito dal rischio “sgambetto” che i “frugali” potrebbero provocare sul Recovery Fund. Scrive ancora Fubini: «le ratifiche dell’accordo europeo in Olanda, Danimarca, Finlandia e Svezia facciano scivolare sempre più in avanti l’avvio concreto del progetto», ovvero il momento in cui la Commissione Ue entrerà sui mercati per raccogliere i finanziamenti necessari al Next Generation Eu, da girare poi ai Paesi più bisognosi.
RISCHIO CRISI PERENNE NEL 2021
Proprio per evitare questa possibilità e per provare a far “pressing” sui Governi europei per la presentazione dei singoli piani, da poche ore il capo di gabinetto del commissario Gentiloni – Mario Buti – ha pubblicato un documento che pone l’Italia al centro delle “attenzioni” dell’Unione Europea. «Il testo di Buti ha la forma di un “paper” da economista (firmato con Marcello Messori della Luiss di Roma), ma non sarebbe stato scritto se non riflettesse le raccomandazioni e i timori sull’Italia che stanno maturando nella Commissione europea. A maggior ragione adesso che la recrudescenza del virus obbliga a riscrivere in peggio le traiettorie dell’economia», informa Fubini mentre in Europa da ieri si è data ufficiale “apertura” alla discussione centrale sull’eliminazione del debito Covid accumulato dai Paesi più in crisi (la proposta “shock” del Presidente Europarlamento David Sassoli). Se la crisi economica e pandemica dovesse perdurare ancora per diversi mesi del 2021, «l’Italia dovrà fronteggiare ulteriori e consistenti rialzi nel rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo (Pil) e un nuovo indebolimento della sua struttura produttiva e della coesione sociale», scrivono Buti e Messori.
COSA DEVE FARE L’ITALIA (SECONDO L’UE)
Servono politiche di emergenza e il Governo deve fare in fretta: in primis, scrivono i due economisti, bisogna rivedere la Nadef ritoccando la caduta del Pil e le previsioni di riparo. «Ciò porterebbe la manovra espansiva per l’anno prossimo ben oltre la soglia dei 40 miliardi (attuale, ndr): molti degli interventi d’emergenza verrebbero prolungati (…), il rapporto debito pubblico-Pil subirebbe un’ulteriore impennata così che i vincoli nazionali di capacità fiscale diventerebbero stringenti nonostante gli interventi della Banca centrale europea», si legge nel documento pubblicato in ampi stralci da Fubini sul CorSera. Serve poi una cabina di regia politica che possa dialogare in continuità con la Commissione Europea (nei volti di Von der Leyen, Gentiloni, Dombrovskis e Vestager). Per l’Ue la cabina italiana «dovrebbe avere poteri decisionali, una struttura tecnica adeguata e si deve essere pronti ad arrivare fino all’attribuzione di “poteri commissariali” per l’implementazione e il monitoraggio dei progetti decisi». E infine, il pressing Ue sul Governo punta a redigere un approccio “top-down”: spiega Fubini, serve un «insieme limitato di progetti che risponda a priorità strategiche e assorba il grosso delle risorse». Nel paper Buti indica degli esempi immediati: «rifinanziare gli investimenti in tecnologia delle imprese con gli sgravi a tempo di Industria 4.0 non ha senso se non si usa il Recovery Fund per costruire una rete di scuole tecniche di solido livello». Da ultimo, servirebbe tramite i 127 miliardi di prestiti a fondo perduto (sui 209 totali riservati all’Italia nel Recovery Fund) «trasformare il reddito di cittadinanza in un’infrastruttura efficace di contrasto alla povertà, eliminando gli sprechi legati al suo inefficiente utilizzo nelle politiche attive del lavoro».