Per comprendere la portata non solo economica, ma soprattutto politica, del Next Generation EU presentato il 27 maggio dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen al Parlamento europeo occorre collegarlo con: a) il discorso della cancelliera Angela Merkel fatto la sera prima al Bundestag; b) il paragrafo dedicato alle nuove “imposte di scopo” su produzioni e prodotti inquinanti, servizi web e altre attività a sostegno del Recovery fund. Il nesso è forte, anche se occorre leggere le due presentazioni con cura e senza farsi fuorviare da elementi più appariscenti.
Il discorso di Angela Merkel è non solo una riaffermazione di una grande visione europeistica. La cancelliera ribadisce che l’integrazione europea è parte del Dna della Repubblica federale tedesca, ma va più oltre: delinea una Unione Europea con un grande ruolo internazionale e, quindi, una politica estera e di difesa europea.
Nella geopolitica del “dopo Covid” – afferma – le relazioni internazionali saranno determinate dall’interazione tra Europa, Stati Uniti, Cina e, molto probabilmente, Federazione Russa. Un’interazione complessa che – come ho avuto moto di sottolineare nell’ultimo fascicolo del trimestrale Rivista di politica – è inerentemente instabile. Sarebbe ancora più instabile, e precaria, se nell’ambito di uno dei “grandi” l’interazione fosse come un “gioco multiplo” su più tavoli in cui ciascuno degli Stati membri dell’Unione dovesse trovare un equilibrio tra popolarità nei confronti dei propri elettori e reputazione (di osservanza delle regole) di fronte ai propri partner.
I tentativi di definire accordi in materia di difesa e di azione internazionale comune tra i 27 dell’Ue non hanno mai avuto buon esito. Quindi, nei dettagli poco letti del Next Generation EU, si prevede qualcosa di più cogente: un grimaldello per trasferire l’aspetto più importante della sovranità (la potestà impositiva) dai 27 all’Ue. Infatti, le nuove imposte di scopo verrebbero definite dagli organi dell’Ue; non si specifica come, ma probabilmente tramite una delibera del Consiglio europeo a livello dei Capi di Stato e di Governo. Il gettito affluirebbe direttamente alle casse della Commissione e nei primi anni servirebbe a finanziare il Next Generation EU e successivamente altri programmi comuni come il Green Deal.
A me sembra che del grimaldello si sia accorto, con un paio di giorni di ritardo, unicamente il Primo ministro ungherese Viktor Orbán che ha definito il Next Generation EU “assurdo e perverso”. I “sovranisti” di altri Stati Ue non hanno, sinora, sollevato il problema. Senza dubbio lo faranno quando si comincerà a negoziare seriamente l’intesa da raggiungere per dare corpo al Next Generation EU. Di conseguenza, è prudente non fare troppo conto, almeno nel breve termine, sui miliardi del programma che potranno affluire all’Italia.
Non solo Austria, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia ma anche Polonia, Repubbliche Baltiche e la stessa Francia non paiono pronti a fare cessioni di potestà impositiva. La Francia, in particolare, è uno degli Stati con più alta pressione tributaria (entrate in percentuale del Pil) e non vede dunque affatto di buon occhio un’imposizione aggiuntiva sui suoi cittadini e le sue imprese che venga decisa a livello non nazionale e finanzi un’istituzione europea.
Angela Merkel sarà alla guida del Consiglio europeo del primo luglio: dovrà utilizzare tutta la sua abilità negoziale per fare accettare il pur piccolo grimaldello di cessione di sovranità. È un passo verso una futura eventuale unione fiscale, essenziale – la Merkel e la von der Leyen lo sanno – per dare all’Ue una dimensione e un profilo nella geopolitica del “dopo Covid”.
Occorre chiedersi se sarebbe stato preferibile una cessione di sovranità palese e discussa tra i 27 piuttosto che un grimaldello quasi furtivo. Probabilmente, da un lato, nelle condizioni attuali non si può fare di più e, dall’altro, il grimaldello è legato all’aspettativa di un fiume di denaro.